“Siamo ancora in molti a pensare che la Medicina sia almeno in parte un’arte: […] si impara osservando, scavando dentro noi stessi e cercando di scoprire quanto radicate siano nel profondo del nostro cuore la vocazione, le qualità professionali e soprattutto umane da mettere al servizio del prossimo nell’ambito dell’assistenza sanitaria.” (G. Bartalucci)
Premessa
Il curare e il curarsi nascono con l’uomo stesso: sin dalle origini, gli uomini hanno istintivamente messo in atto una serie di comportamenti per cercare di guarire in caso di malattia e inizialmente i primi rimedi sono stati individuati nelle piante e nelle erbe messi a disposizione dalla natura.
Solo con i progressi in ambito scientifico, si è riusciti a sintetizzare in laboratorio i farmaci oggi comunemente usati e a scoprire anche importanti vaccini e rimedi contro alcune malattie che sembravano inguaribili.
Ancora oggi tuttavia sono numerosissime le patologie che non hanno una cura, dal semplice raffreddore fino a malattie degenerative e tumorali di stampo maligno.
Le donne in Anatomia e in Medicina
In Europa solo nel corso del Medioevo si comincia a mettere nero su bianco il sapere appreso in campo medico e tale merito va attribuito soprattutto alle cosiddette Mulieres Salernitanae, esponenti della Scuola medica di Salerno. Tra esse spicca per importanza Trotula De Ruggiero: a lei va il merito di essersi occupata per prima delle malattie prettamente femminili, di aver posto grandissima attenzione alla gravidanza e al momento del parto, di essersi occupata di pediatria.
Gli studi e le pratiche di tipo medico si accompagnarono anche all’analisi del corpo umano, delle sue parti e del funzionamento degli organi interni. Va ad Anna Morandi Manzolini il merito di essere stata nel ‘700 la prima anatomista ad aver plasmato i modelli anatomici in cera di diverse parti del corpo, tra cui l’apparato genitale femminile, in particolar modo l’utero gravido, e di aver così coniugato lo studio teorico, quindi la morfologia descrittiva, alla funzione degli organi.
Nel corso del XX e del XXI secolo la medicina ha compiuto passi enormi nell’ambito delle scoperte e del miglioramento delle cure. Tra le donne, che più hanno saputo distinguersi, va ricordata Rita Levi Montalcini, che, grazie alla scoperta del fattore nervoso della crescita (NGF), ha ottenuto nel 1986 il Premio Nobel per la Medicina e la Fisiologia. Il suo contributo alla medicina è stato fondamentale, tanto da essere ancora un importante esempio per le numerose ricercatrici che ne hanno seguito le orme.
Eccellenze femminili in campo medico sono pure Ilaria Capua e Maria Caramelli: la prima, in qualità di responsabile del Dipartimento di Scienze Biomediche Comparate dell’Istituto Zooprofilattico delle Venezie, è nota per i suoi studi sull’aviaria, mentre la seconda, a capo dell’Istituto zooprofilattico di Piemonte, Valle d’Aosta e Liguria, ha ricoperto un ruolo fondamentale nella gestione dell’emergenza legata alla cosiddetta sindrome della mucca pazza, tecnicamente conosciuta come encefalopatia spongiforme bovina.
Un altro aspetto peculiare della medicina odierna è la ricerca: da quella in laboratorio, che vede tra le protagoniste Elena Cattaneo, che sempre ha difeso la libertà di ricerca e si è battuta per opporsi al divieto di utilizzo delle cellule staminali embrionali, a Francesca Pasinelli, approdata a Telethon dove ha introdotto un sistema di valutazione all’avanguardia, che ha consentito il finanziamento di più di 2000 progetti di ricerca, privilegiando solo la qualità degli studi.