“Su, torna alle tue stanze e pensa alle opere tue, / telaio e fuso; e alle ancelle comanda / di badare al lavoro; / all’arco penseran gli uomini / tutti, e io sopra tutti, mio qui in casa è il comando […]” (Telemaco, in Odissea VI)
Premessa
Uno degli indicatori che definisce l’umanità è la capacità di influenzare e prevedere il nostro ambiente. Donne e uomini insieme hanno indagato la natura e hanno cercato di risolvere i problemi che a mano a mano si sono presentati di fronte ai loro occhi. Non esiste quindi una differenza reale tra la capacità indagatrice di una donna e quella di un uomo, né un fattore che ponga l’una al di sotto dell’altro.
La difficoltà nel ricostruire il ruolo della donna nell’antichità è dovuta principalmente alla scarsità di documenti scritti che si sono conservati fino ad oggi. Nonostante ciò, è possibile ricavare importanti informazioni circa la condizione della donna nelle epoche più antiche.
Le civiltà più antiche
I primi documenti scritti contenenti dei nomi di persone risalgono a circa 4000 anni fa: non si tratta dei primi in assoluto, ma sono i primi documenti a noi noti che riportano dei nomi.
Il primo nome femminile citato in uno scritto è quello di En Hedu’ Anna e risale al 2354 a.C. circa, ma certamente le donne studiavano e sperimentavano già da molto tempo. La maggior parte dei miti e delle religioni attribuisce gli inizi dell’agricoltura, delle leggi, della civiltà, della matematica, dei calendari e della medicina a una donna sotto la guida delle dee.
In un primo momento, nella civiltà egizia e in quelle mesopotamiche (Persia, Assiria, Babilonia), la donna ricopriva una posizione molto elevata all’interno della società. Anzi, si può affermare che vigeva un vero e proprio matriarcato: si pensi per esempio a regine egiziane come Nefertiti e Cleopatra. Le donne dunque potevano ricoprire importanti cariche, anche se va detto che solo cinque o sei donne raggiunsero la carica di faraone. Ciò significa che, anche nelle società in cui le donne godevano all’incirca dei medesimi diritti degli uomini, non riuscivano sempre nella pratica a essere poste sullo stesso livello di un uomo. In linea generale va comunque sottolineato il fatto che nelle società più antiche le donne disponevano dei loro beni, potevano chiedere il divorzio, si occupavano dell’educazione dei figli e la loro posizione giuridica non differiva da quella maschile.
Le civiltà greche: Atene e Sparta
Con l’ascesa delle monarchie militari, le donne persero gradualmente il proprio prestigio e furono soprattutto le civiltà greche a vedere una progressiva perdita del potere femminile, come viene testimoniato dalle fonti dell’epoca, per noi rappresentate dai poemi tradizionalmente attribuiti a Omero, l’Iliade e l’Odissea.
Le donne non avevano diritti politici, non potevano cioè votare o essere elette membri dell’assemblea durante l’età delle poleis, e non erano oggetto di legislazione giuridica: una donna non era colpevole, per esempio, del reato di adulterio, a differenza dell’uomo, perché era ritenuta essa stessa oggetto del reato. Ad Atene la condizione femminile era assimilata a quella dello schiavo e dello straniero o del maschio ancora minorenne: la donna non veniva considerata capace di agire in proprio, in maniera autonoma. Era perciò esclusa dalla dimensione pubblica della società, dalla cultura, dalle assemblee, dai tribunali, dalle manifestazioni, fatta eccezione per alcune cerimonie religiose. Paradossalmente, se nella raffinata Atene, la donna era sottoposta all’autorità della madre del marito all’interno del gineceo, nella militarista Sparta le donne della classe dominante degli spartiati, pur non potendo governare o combattere, erano addestrate alle arti militari e godevano di maggiore libertà. La società spartana valorizzava la donna e la poneva sullo stesso piano dell’uomo, pur mantenendo delle differenze nei ruoli. In ogni caso le ragazze erano destinatarie di un’educazione basata sugli stessi valori e sulla stessa concezione del mondo maschile, un’educazione che le rendeva più dominanti che dominate.
In Grecia l’inferiorità della donna era sostenuta da Aristotele che ne sottolineava la piccola dimensione del cervello e riteneva che la donna fosse un maschio mutilato.
Platone invece fu uno dei primi a pronunciarsi in favore delle donne, almeno in parte: sosteneva che le donne istruite alla filosofia, nello stato ideale da lui ideato, avessero uguali diritti politici degli uomini e potessero accedere al governo. Anche Epicuro rivendicava pari dignità per le donne, all’interno della sua scuola filosofica, che accettava anche stranieri e schiavi.
La civiltà romana
La condizione delle donne nel mondo romano subì numerose variazioni nel corso del tempo e la maggior parte dei documenti pervenuti ai giorni nostri in grado di offrire un quadro preciso della condizione femminile risalgono al periodo che va dal I secolo d.C. al II secolo d.C.: si respirò un clima di maggiore libertà, di conquistata dignità ed autonomia, tanto che molte imperatrici romane riuscirono a ottenere il titolo di Augusta, che era stato dato a Livia solo dopo la morte del marito, l’imperatore Ottaviano Augusto.
Durante l’età ellenistica la situazione delle donne migliorò notevolmente: in particolar modo, durante il dominio romano sul mondo greco tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C., molte donne ricoprirono ruoli importanti nella società. Un esempio su tutte fu Ipazia di Alessandria. Le donne potevano liberamente comprare e vendere beni mobili e immobili, ipotecare i propri beni, essere istituite eredi e, benché ciò si verificasse raramente, concludere il proprio contratto di matrimonio. Erano tuttavia ancora presenti alcune forme di sottomissione al potere maschile, come per esempio la legge che accordava al padre il diritto di interrompere il matrimonio della figlia, la possibilità dell’esposizione delle figlie femmine e l’analfabetismo femminile che, nonostante l’aumento del livello culturale delle donne, era ancora maggiore di quello maschile.
A causa della scarsità di documenti, sono probabilmente molti i nomi di donne che si sono distinti per i loro studi scientifici che non possiamo conoscere e molti sono i nomi che conosciamo e che appartengono a figure collocate a metà strada fra storia e mito, come quello di Maria l’Ebrea.