DONNA, SCIENZA, CARRIERA… E ANCHE FINANZA.
Anna Lambiase: “Ecco come aiuto le piccole e medie imprese a sbarcare in borsa”.

Istruire il processo di quotazione di una società e portarla in borsa in pieno lockdown? Si può. È successo in questo 2020 in cui, in un mare di difficoltà per interi settori economico-produttivi, c’è chi ha orchestrato e diretto tutto l’iter di quotazione di una azienda in modalità totalmente digitale, tanto da farla diventare la prima Tech Sustainable Ipo. È una delle tante manifestazioni di intraprendenza di Anna Lambiase, la consulente che accompagna le piccole e medie imprese in processi di apertura del capitale a canali finanziari alternativi. Protagonista indiscussa dello sviluppo dell’AIM, il segmento di Borsa Italiana dove si quotano piccole e medie aziende ad alto potenziale di crescita, ha sostenuto e accompagnato l’approdo sul mercato azionario di decine di società.
Una donna in finanza, un ambiente ancora molto maschile, ma nella nostra conversazione il tema viene presto abbandonato. Per Anna – si intuisce subito – è un argomento di secondo piano. “Di cosa mi occupo in particolare? Di una nicchia del mercato dei capitali, in particolare delle quotazioni delle piccole e medie imprese. È un tema molto affascinante di finanza straordinaria, un settore che piace molto ai neolaureati di economia, come è capitato a me, visto che è stato il mio percorso da laureata in economia e commercio. Parliamo dell’approfondimento di tutte le tecniche di borsa applicate concretamente agli imprenditori, prevalentemente di piccole e medie dimensioni: noi ci occupiamo solo di quella fetta, avendo impostato un modello di finanza per queste aziende da oltre vent’anni”.
Avete affiancato un numero importante di imprenditori nel loro percorso di apertura del capitale.
«Ne abbiamo portati in borsa una quota rilevante, soprattutto quelli che compongono il mercato AIM che è un mercato che ha raggiunto in soli 10 anni la metà dell’intero mercato regolamentato (in totale Borsa Italiana quota circa 350 società) e ha fatto la metà di quello che ha fatto tutto il mercato italiano in tutta la sua storia. Sono felice di avere avuto un ruolo in questo sviluppo. L’ho fatto lanciando con la mia squadra un modello di finanza che fosse facilmente praticabile anche ad aziende che hanno in media un business da 50 milioni di euro. ‘Praticabile’ lo dico tra virgolette, perché sono comunque sempre percorsi impegnativi – quelli che portano alla quotazione».
In che cosa consiste questo modello di finanza?
«È un modello di finanza che semplifica l’apertura al mercato e all’accesso del capitale. Non è un modello che ho appreso all’Università o ai Master che ho frequentato, l’ho costruito sul campo. Ci tengo a ricordarlo perché deriva dalla mia prima esperienza professionale, in una Investment bank, seguendo – a 27 anni, appena pochi anni dopo la laurea – una società che voleva approcciare, tra le primissime, al mercato dei capitali. Parliamo di 25 anni fa ed era Poligrafica San Faustino. Questa azienda era cliente della Sim nella quale lavoravo e io – come analista finanziario – mi sono occupata del loro processo di valutazione e di conseguenza di quotazione in borsa. Ho seguito il loro percorso e davvero allora era un’eccezione per una pmi approdare al mercato azionario. È stato un percorso che mi ha molto formata e da lì la mia intuizione di costruire un percorso che aiutasse le pmi – come Poligrafica – a valutare lo strumento di finanza che fosse alternativa al canale finanziario tradizionale (di solito è la banca) come strumento per finanziare la propria crescita. Quindi considerare la borsa non solo una eccezione, una ‘via per pochi’ ma come uno strumento che effettivamente può essere di aiuto per lo sviluppo di un piano industriale, di una strategia di internazionalizzazione, di un progetto di ricerca e sviluppo».
Poi ha creato la sua azienda, un caposaldo nell’imprenditoria femminile.
«IrTop Consulting è stata fondata da me – ho il 98% dell’azienda (con due soci finanziatori che sono imprenditori e hanno una piccola quota della società e a questa partecipazione tengo molto) e l’ho creata nel 2001. Quindi la mia azienda ha quasi 20 anni, 20 di storia nell’imprenditoria femminileche sono poi i vent’anni che servono a far giudicare un’azienda ‘matura’».
2001: l’anno in cui in finanza scoppiava la bolla tecnologica in borsa.
«E infatti io la tecnologia l’ho incorporata nel nostro modello che, grazie allo sviluppo tecnologico, è un modello in continua evoluzione. Perché oggi cercare il capitale presso terzi significa anche conoscere le tecnologie abilitanti. Su questo presupposto abbiamo creato uno strumento, che è un database – unico in Italia – che è assolutamente verticale su questo mercato ed è stato definito ‘la piccola Bloomberg dell’AIM’. Nella sostanza è un centro analisi esclusivamente on line, con una verticalità su tutte le aziende, all’interno del quale si trovano informazioni, dati, analisi quantitative condotte in modo molto approfondito dal nostro ufficio studi, con un grado di dettaglio dell’analisi economico finanziaria elevatissimo. Si chiama PMI CAPITAL, ed è la prima piattaforma digitale verticale su AIM Italia. E quindi è il database di riferimento di questo segmento di mercato: le pmi e l’AIM”.
Nel mondo delle Pmi ci sono migliaia di start up. Che cosa fate per questo settore?
«Quest’anno, in pieno covid, ho stretto un accordo con una piattaforma nel settore del crowdfunding. Si chiama Doorway, una piattaforma di equity investing dedicata proprio a startup e pmi che cercano capitale totalmente disintermediato. Unendo le forze abbiamo creato un’unica piattaforma che diventasse il vero centro di finanza per la crescita, in grado di accompagnare le imprese in tutto il loro percorso e ciclo di vita finanziario, dalla nascita, allo sviluppo fino alla quotazione in borsa. Io continuo a rappresentare, in questo hub finanziario nazionale, il segmento più alto all’interno del quale è possibile realizzare un’exit, cioè un’uscita degli imprenditori che hanno investito in queste piccole e medie imprese”.
Il suo approccio è decisamente innovativo. Come viene percepito dalle aziende italiane, molte delle quali mostrano ancora forte resistenza verso il mercato dei capitali e la quotazione in borsa? E come avviene il match con le aziende?
«Il match può avvenire in due modi. Il primo è l’approccio diretto. Le aziende sfruttano il canale on line – per fortuna godiamo di una buona reputazione e di un buon ritorno – e l’imprenditore che ha interesse a quotarsi ci contatta direttamente. Ma c’è anche un ottimo passaparola da parte di aziende che abbiamo accompagnato in borsa che raccontano di noi in contesti professionali ma anche personali. Questo sta portandoci una domanda altissima e una richiesta altissima di consulenza per le quotazioni. La reputazione è molto importante perché noi andiamo a toccare il capitale sociale delle aziende ed è evidente che la fiducia tra noi e loro sia un tassello molto importante.
L’advisor finanziario è quella figura che esprime la prima valutazione dell’azienda, che ti tiene sempre per mano in tutto il percorso, che può durare mesi, non è semplicissimo. Proprio in questo periodo ho concluso un lavoro molto importante per un’azienda che porteremo in borsa l’anno prossimo ed è un lavoro che strutturiamo in due fasi: fattibilità e poi l’advisory per la quotazione vera e propria. Durante lo studio di fattibilità analizziamo tutte le logiche del mercato azionario, spieghiamo all’imprenditore cosa deve fare su vari fronti: governance, trasparenza. Ecco, questo imprenditore ci ha chiesto un glossario dell’Equity Capital Market e quindi lo abbiamo subito predisposto. Oltre al tema della fiducia, altro elemento importante per noi è l’esperienza che abbiamo maturato, fatta di tanti casi, settori, ambiti differenti e noi abbiamo imparato tanto dai nostri clienti. Se oggi dimostriamo questa sicurezza nel nostro lavoro e ad ogni domanda siamo in grado di dare una risposta è perché continuo ad esercitarmi con il percorso singolo che ogni imprenditore ha”.
In Italia migliaia di pmi, poche disponibili a quotarsi in Borsa. Perché?
«Gli ostacoli alla quotazione? Sono tre: trasparenza, governance e costi. Aspetti che negli anni hanno bloccato il percorso di accesso al mercato dei capitali. E comunque negli ultimi anni questi ‘ostacoli’ si sono ridimensionati e l’imprenditore ha compreso che sono superabili. Partiamo dai costi, che in effetti sono significativi. È un tema talmente rilevante per il quale mi sono spesa anche come consulente per il governo.
Era il Governo Gentiloni e ne sono stata molto onorata, per il solo fatto che un governo alza il telefono e ti chiama, riconoscendo la tua credibilità e competenza in un certo settore. Me lo ricordo ancora, era un venerdì pomeriggio e me lo ricordo perché ero a casa, il venerdì per me è il giorno della famiglia. In sostanza avevano letto lo studio che noi facciamo ogni anno, lo studio sull’AIM ed è estremamente approfondito condotto dai miei analisti su 130 bilanci di società. Il Governo ci ha chiesto un parere sulla possibilità di favorire le quotazioni attraverso una agevolazione fiscale. Io ho detto sì in tempo reale ma poi abbiamo dovuto ‘motivare’, ‘argomentare’ la nostra idea, con analisi e numeri e noi abbiamo potuto farlo grazie alle statistiche che elaboriamo internamente (e grazie al database di nostra proprietà). Quindi cosa abbiamo ottenuto che venisse inserito nella manovra di Bilancio 2017? Abbiamo ottenuto (insieme ad altri soggetti che sedevano con noi al tavolo con il governo) di poter permettere alle Pmi che si quotano (e che poi si sono effettivamente quotate in questi tre anni di sperimentazione della norma) di ottenere un credito di imposta sui costi di quotazione del 50% su un massimo di spesa di 500mila euro. La definizione della misura è stata di 20 milioni il primo anno e 30 milioni più 30 milioni nei due anni successivi. Con la logica di andare a finanziare un numero significativo di nuove quotazioni. Stiamo lavorando ora affinché il beneficio fiscale venga prorogato.
Parla spesso dei ‘miei analisti’. Come è composto il suo staff?
«Noi siamo una piccola boutique finanziaria, siamo 15 persone. Il mio team è suddiviso in quattro divisioni. Una divisione si occupa di Corporate Finance e quindi di processo di advisory per la quotazione. Un’altra divisione si occupa di Equity Research, 3 analisti il cui campo è la valutazione dei titoli e infatti sono analisti finanziari iscritti all’Aiaf, che è l’associazione di categoria. Un’altra divisione si occupa degli investitori, attività di Investor Relation e in questa divisione dialoghiamo con tutti gli investitori delle Pmi quotate. Puoi immaginare quanti rapporti abbiamo costruito in questi anni con il mondo degli investitori e riteniamo di avere un’ottima conoscenza di queste nostre controparti. E quindi li abbiamo tracciati, analizzati, valutati e ogni giorno ci incontriamo con loro per capire quali sono le loro esperienze di investimento e questo è molto importante perché riportiamo poi all’azienda il giudizio che riscuote presso il mercato. Noi rappresentiamo per le nostre aziende quotate una voce terza che aiuta l’azienda stessa a migliorarsi anche nel suo rapporto con l’investitore. Prima parlavamo di trasparenza. L’azienda quando si quota deve impostare un percorso di dialogo e di apertura con il mercato finanziario, che significa non solo dare valutazione su dati storici ma soprattutto (quello che vogliono maggiormente gli investitori) su dati prospettici e piani industriali: su questo le aziende stanno ancora imparando e crescendo.
Che tipo di impulso sta dando alla vostra attività la rivoluzione digitale che stiamo vivendo? Anche in termini di nuove competenze che servono, visto che c’è l’opinione diffusa che verranno spazzati via tanti posti di lavoro.
«Io vedo la tecnologia come un ulteriore aiuto nel nostro campo, perché ci permette di raggiungere – ad esempio – classi di investimento molto più ampie e platee di potenziali investitori molto più ampie. Oggi siamo in grado di organizzare Investor Day esclusivamente on line, quindi degli ‘Smart Investor Day’. Quindi la tecnologia ci è d’aiuto anche come strumento per il confronto tra emittente ed investitore. Ma soprattutto la tecnologia ci è d’aiuto nella ricerca di capitale, grazie alle piattaforme che consentono di disintermediare e che permettono alle piccole imprese e alle startup di raggiungere un investitore che magari crede nell’emittente e magari lo finanzia. È evidente che cambia il metodo valutativo e le valutazioni sono fatte sul piano industriale e non tanto sul bilancio storico e sui dati storici che, ovviamente, le startup non hanno.
L’altro elemento che sta rivoluzionando il mondo della finanza in questo istante è la Sostenibilità. Noi stiamo studiando a fondo la materia, perché la dottrina esiste ed è fondamentalmente di matrice anglosassone, le prassi non sono ancora consolidate ma sono ancora in fase di sviluppo e per questo le tematiche valutative, ovvero i criteri di valutazione di un’azienda sulla base di parametri di sostenibilità Esg, non è facile. Ci sono dei processi a quali stiamo partecipando direttamente come ufficio studi per le piccole e medie imprese, perché anche loro si stanno aprendo alle tematiche di sostenibilità. Quindi nascono sistemi di reporting e noi stiamo lavorando molto sulla creazione del bilancio di sostenibilità. È evidente che le aziende spesso hanno un comportamento sostenibile nel loro percorso, però non lo tracciano, non lo misurano, non lo rendicontano, non lo comunicano e noi insegniamo tutto questo alle nostre aziende”.
Quale tipo di pmi investe maggiormente in sostenibilità?
«Le pmi tecnologiche sono quelle che maggiormente investono sulla sostenibilità, il comparto tecnologico è quello dove c’è maggiore attenzione e maggiore reporting sulle tematiche di sostenibilità. Innovazione, tecnologia e sostenibilità vanno assolutamente insieme. Ma in realtà si sta muovendo tutto il mondo della finanza, stanno arrivando capitali che sono veicolati verso società che generano plus valore economico ma che al contempo sono utili alla società e all’ambiente, aziende che nel loro modo di condurre il business sono attente alla sostenibilità sono anche quelle più resilienti”.
Anna, sul tema Women in finance, che rapporto ha con le altre donne?
«Il mio team è nato come team femminile. Oggi non è più così, ma l’ho voluto fortemente all’inizio della mia attività. Puntavo molto sulle donne, soprattutto sulla ‘testa’ delle donne, sulla loro precisione in finanza, perché è una qualità necessaria. Un tema per me molto importante è il ruolo delle donne nell’equity capital market. L’ultimo Report annuale di Consob sulla governance spiega come la presenza femminile negli organi sociali (delle società quotate) ha superato il 36% nei cda. È un trend in continua crescita, è un dato che ha un valore ma non legato alla donna in sé quanto alle caratteristiche della donna: maggiori capacità organizzative, maggiore attenzione alla formazione. Sono proprio gli aspetti che io ho cercato di trasferire nella mia creatura e tra i miei collaboratori, provando a valorizzare le caratteristiche di ciascuno in modo da creare un puzzle di competenze”.
Anna, in questo momento ogni nostro progetto non può prescindere dalla pandemia. Che progettualità riesce ad esprimere nonostante il contesto molto difficile? Quale è il suo sogno nel cassetto, cosa vorrebbe per la sua azienda?
«Come tutti gli imprenditori mi auguro che quello attuale possa essere un momento di selezione. In effetti chi riuscirà a resistere a questo momento così difficile avrà impostato quelle leve di valore che gli permetteranno di essere resilienti per continuare a crescere in maniera significativa. Nella mia visione bisogna continuare ad investire: nella ricerca, nella formazione, nell’analisi. I nostri percorsi di consulenza sono percorsi lunghi, durano mesi. Noi stiamo lavorando moltissimo, con la modalità del remoto. Pensa che abbiamo seguito una quotazione interamente on line, abbiamo portato una società in Borsa incontrandoci e sentendoci solo con la modalità digitale, dall’inizio alla fine del processo, dalla due diligence al road show. Chi l’avrebbe mai detto che si potesse accompagnare in borsa una azienda in totale lockdown? È stato difficilissimo ma ce l’abbiamo fatta. Abbiamo portato su Aim la prima Tech Sustainable Ipo. Abbiamo imparato ad usare nuovi mezzi e adesso stiamo lavorando a ben cinque progetti di quotazione con lo stesso criterio”.
PS: La società andata in Borsa in lockdown è Reti, un gruppo che supporta le Mid & Large Corporate nella trasformazione digitale. La quotazione è avvenuta il 20 settembre 2020.