Avanza il ‘legal-tech’: la digitalizzazione si impone tra avvocati e giuristi

La rivoluzione digitale – e in qualche modo anche l’accelerazione impressa dalla pandemia – sta fortemente interessando anche il mondo legale. Quindi, come abbiamo imparato a confrontarci con il fintech, l’insurtech, l’agrifood-tech (tecnologia al servizio di ogni categoria economico-produttiva: finanza, assicurazioni, agro-alimentare e chi più ne ha più ne metta) anche al panorama della consulenza e dell’assistenza legale è possibile applicare la declinazione ‘tech’. Il ‘legal-tech’ avanza inevitabilmente, non è in realtà un fermento innovativo recente ma già consolidato da qualche anno, che ha permesso di aumentare e migliorare la produttività di tutta la filiera giuridica, all’interno della quale operano giuristi, giudici, avvocati e molte altre figure professionali collegate al mondo forense. Un fermento talmente evidente che andava in qualche modo guidato ed è probabilmente con questo obiettivo che la professoressa Claudia Sandei ha fondato e ora dirige l’Innovation and Technology Law Lab.

Come e quando nasce questo ‘laboratorio’ e con quale spirito?

Si potrebbe dire che ITLL sia nato spontaneamente. Sin dalla tesi di laurea ho coltivato un interesse particolare per il diritto delle nuove tecnologie e così un’estate, grazie al contributo della mia Università (di Padova, ndr), ho deciso di organizzare una summer school. La partecipazione è stata straordinaria: non solo giovani, ma anche professionisti sono venuti a Padova per immergersi nello studio e la sperimentazione di questo nuovo settore. Abbiamo capito perciò che c’era bisogno di competenze nuove e abbiamo creato ITLL per offrire un punto di riferimento nella formazione e ricerca. Da allora abbiamo svolto molti corsi, di vario genere, dando vita a un network attivo e partecipato capace di offrire risposte concrete anche alle imprese e alle istituzioni.

Dall’informatica giuridica alla blockchain, anche il mondo legale da qualche tempo utilizza la declinazione ‘tech’: ci spiega come si sta ‘digitalizzando’ questo settore e quali sono stati le tappe più significative raggiunte negli ultimi anni?

Il mondo del mercato legale è in fermento ed è ragionevole immaginare che fra un decennio la pervasività delle tecnologie sarà assai più intensa. Guardando al presente, però, direi che due tendenze sono già ampiamente visibili: da un lato si punta all’automazione delle attività ripetitive (come le due diligence), dall’altro si assiste all’emergere di nuovi modelli di business disintermediati (si pensi alle piattaforme che generano contratti o che forniscono strumenti di acquisizione probatoria online).   

La rivoluzione digitale è utile ad ogni campo, per efficientare processi produttivi, eliminare passaggi inutili, velocizzarne altri, eliminare la carta e certificare procedimenti: in che mondo il settore legale viene aiutato oggi ad essere più produttivo? A parte provare a superare le inefficienze dei tribunali storicamente ingolfati, a quale livello oggi la tecnologia e la digitalizzazione dei processi aiuta l’avvocato?

Certamente la tecnologia può aiutare l’avvocato nella ricerca, ad esempio dei precedenti giurisprudenziali o dei documenti significativi. Ma può anche snellire i processi di relazione con i clienti, evitando lo scambio di mail e favorendo la creazione di spazi collaborativi per una migliore integrazione fra legali interni e consulenti esterni. 

Le piace l’immagine della ‘toga digitale’? E’ convincente?

Certamente è molto evocativa. Però per chi si occupa di diritto dell’impresa, la tecnologia sta avendo un impatto che trascende le mere modalità di esercizio della professione. Sempre più i giuristi si trovano messi di fronte a problemi totalmente nuovi, per risolvere i quali non basta saper usare i dispositivi innovativi, serve conoscerli. In questo, un Ateneo multidisciplinare come Padova rappresenta un luogo privilegiato, sia per noi che per le imprese che qui possono trovare tutte le competenze che servono per sviluppare un progetto. Di recente, ad esempio, per un’iniziativa nel campo dell’intelligenza artificiale, siamo riusciti a creare un team formato da neuroscienziati, ‘telecomunicazionisti, giuristi, esperti di etica e anche statisti. E’ stato molto istruttivo e anche divertente lavorare!   

Come sta reagendo il mondo legale a tutto questo e più complessivamente all’impiego a 360 gradi dell’intelligenza artificiale?

C’è grande interesse. Basti pensare che ad un seminario che ho tenuto qualche mese fa, erano presenti oltre mille avvocati. Tuttavia, il costo delle applicazioni è tale che al momento solo le realtà professionali più grandi sono in grado di progettarle e/o acquistarle. E questo potrebbe contribuire ad agevolare ulteriormente l’aggregazione professionale, lasciando spazio anche all’ingresso di nuove figure, in primis gli informatici.   

Spesso le idee e i contributi dell’innovazione tecnologica sono velocissimi, per non dire tumultuosi. E la legge deve correre dietro a queste novità, perché non riesce proprio ad anticiparle e a governarle. Oggi se dovessimo descrivere dal punto di vista normativo la relazione tra mondo legal e mondo digital, siamo a buon punto o ci sono delle criticità nella legislazione?

Il gap esiste e probabilmente non potrebbe essere altrimenti, dal momento che è la stessa tecnologia nel suo dipanarsi a lasciar emergere le questioni. Negli ultimi mesi, tuttavia, sembra che il legislatore, soprattutto europeo, stia maturando una consapevolezza crescente circa il ruolo della regolazione, tanto è vero che si stanno moltiplicando i progetti di legge in questo senso. Dal diritto dei dati, alla disciplina dei cryptoasset, passando per lo statuto delle piattaforme e dell’intelligenza artificiale. Tutto questo impeto, se da un lato fa ben sperare, dall’altro però rischia di portare alla formazione di un quadro normativo troppo complesso, dominato da una serie di regole speciali ma sostanzialmente privo di principi generali.  

Nel diritto societario e di impresa, in che modo la digitalizzazione legale migliora l’attività di consulenza dell’avvocato? È in questo campo che rientra il grande capitolo degli ‘smart contract’ e della certificazione dei documenti attraverso la blockchain?

In un certo senso sì: la contrattualistica, già oggi digitale, sta diventando sempre più “smart”. E ovviamente i giuristi sono parte di questo cambiamento. Ma su questo fronte la strada è ancora lunga. D’altronde la normativa (e mi riferisco soprattutto al regolamento eIDAS) non offre indicazioni chiare al riguardo e di conseguenza anche le imprese appaiono restie a investire nel settore.   

A Padova, Università degli studi dove lei insegna, ha portato una novità significativa: ha trasformato il corso ‘Nuove tecnologie’ in una ‘legal clinic’. Questo dovrebbe comportare, per gli studenti, cimentarsi in problemi reali. Ci spiega che cosa aveva in mente quando ha proposto questo progetto, come lo state implementando e con che risultati?

Come dicevamo il diritto viene a ruota delle nuove tecnologie. Qui non si tratta di cercare un precedente, ma di costruirlo a partire dalle norme disponibili e dal confronto con le esperienze e le riflessioni maturate in altri ordinamenti. Per cui, a fianco ad uno studio della più recente normativa e letteratura, ho pensato che potesse essere utile per gli studenti sperimentare un metodo di ricerca nuovo attraverso il confronto con questioni reali. Per questo primo anno, complice la pandemia e la necessità di lavorare a distanza, il lavoro è stato limitato all’esame di alcune questioni su cui stavamo lavorando già come ITLL, ma l’auspicio per il futuro è quello di coinvolgere sempre più imprese e start up, sì da combinare il fine educativo con quello alla spinta innovativa.  

 Questa iniziativa denota un’attenzione davvero particolare per le giovani generazioni di avvocati, perché sulla loro attività impatteranno non poco le tecnologie legali, vere e proprie ‘tematiche di frontiera’: quali sono le sfide che si parano davanti ai millennial lawyers? Su quali nuove competenze dovranno fare leva per entrare in un mercato già particolarmente affollato ma forse non molto preparato all’uso degli strumenti digitali al servizio dell’attività forense?

La rivoluzione tecnologica apre nuove e importanti opportunità ai giuristi di domani. Si tratta infatti di un universo disciplinare nuovo, dove non esistono gap reputazionali o conoscitivi da colmare. Tutti partono dallo stesso punto. Anzi, vedo che le imprese guardano con favore a un consulente che sia giovane, perché suppongono che abbia più familiarità con le tecnologie di un professionista più anziano. Per lavorare nel mercato moderno, e in quello delle nuove tecnologie in particolare, però, servono alcune doti irrinunciabili: la prima è una vera passione per la tecnologia e quindi l’attitudine a lavorare a stretto contatto con professionalità diverse, e la seconda è avere una preparazione giuridica solida degli istituti generali e una conoscenza diffusa e costante della disciplina specifica. Il giurista smart deve stare al passo con i tempi, aggiornarsi continuamente e mantenere viva la curiosità. Posso dire che di laureati così ne abbiamo avuti molti in questi anni a Padova e anche grazie al progetto “Millennial Lawyers” che stiamo sviluppando contiamo di averne sempre di più!     

“DONNE SCIENZA INVENZIONE CARRIERA – Progetto di Gianna Martinengo”

Dalle esperienze alle skill al role model, viaggio tra le professioniste e scienziate che stanno facendo progredire il mondo della scienza italiano e internazionale. Interviste a “mente aperta” anticipate da un viaggio nei diversi mercati dell’innovazione. Uno spazio sarà dedicato alle trentenni , giovani donne – professioniste e scienziate – che affrontano il futuro con coraggio e determinazione.

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