Claudia Segre: una fondazione globale per sostenere le donne

«La nostra Fondazione nasce sul modello della Convenzione di Istanbul ed ha contribuito da subito alla campagna di sensibilizzazione contro la violenza domestica. Ma non solo. Ha avviato tutte le campagne necessarie a portare all’attenzione generale la necessità di aiuto alle vittime, ed ha stimolato un dibattito a livello europeo legato all’iter dell’adesione che è diventata una delle priorità della Presidente della Commissione Europea Ursula Van der Layen, poiché nel piano della Commissione Europea è inserita la priorità all’uguaglianza di genere».
Claudia Segre manifesta immediatamente il suo grande amore: quello per il contesto internazionale. D’altronde nasce come analista finanziaria e per anni l’abbiamo incontrata in tv e in radio e letta sui maggiori quotidiani economici, come tra le massime esperte di mercati emergenti.
Una carriera che, ad un certo punto, ha preso una direzione differente e Claudia Segre ha scelto di mettere a disposizione la sua competenza e la grande determinazione a favore delle donne più fragili, contro ogni forma di violenza sulle donne.
«Per il 2021 l’UE vuole lavorare portando una sua proposta alla lotta contro la violenza di genere – ci spiega – ma abbiamo forti resistenze, perché abbiamo paesi come la Turchia che hanno ratificato la Convenzione di Istanbul facendo un passo indietro, abbiamo paesi come la Polonia e la Bulgaria che stanno ostacolando questo processo su vari aspetti mettendo in dubbio la base comune che riguarda i diritti umani, con delle campagne che vanno contro i principi stessi del fondamento dell’UE.
Nel nostro paese c’è invece una grande voglia di far sentire la propria voce, di liberarsi da una serie di stereotipi che hanno relegato la donna ad una situazione occupazionale e sociale antistorica. E il fatto che nell’agosto 2019 sia entrato in vigore il Codice Rosso è una risposta che ha un grosso valore sulla violenza di genere e sull’esigenza di un intervento da parte delle Istituzioni. (Stiamo parlando della Legge 19 luglio 2019, n. 69, entrata in vigore il 9 agosto successivo, che ha introdotto modifiche al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere, ndr).
Con questo provvedimento in casi di violenza intervengono diverse forze dell’ordine e da lì è nato il protocollo EVA (Esame Violenze Agite) che ha codificato le linee guida per la gestione degli interventi. Si tratta, in sostanza, di una “Processing Card”, un gruppo di schede che i poliziotti devono compilare ed inserire negli archivi informatici di polizia quando intervengono a seguito di segnalazione di episodi di violenza di genere. Da questo archivio, la Sala Operativa può trarre informazioni essenziali quando invia la volante sul posto: informazioni su chi ha richiesto l’intervento, sull’eventuale presenza di armi censite all’interno dell’abitazione, su eventuali precedenti di polizia a carico delle persone coinvolte, tutte utili per tutelare al meglio sia la vittima che gli operatori. Questo ha rappresentato un punto di cambiamento e un presupposto per consentire la maggior incisività da parte dello Stato. C’è anche un corso di formazione del Codice Rosso per chi agisce come funzionario della polizia. Anche per tutti questi aspetti la Convenzione di Istanbul rimane una pietra miliare».

Lei ha un passato di prim’ordine come analista nel settore finanziario (mondo per la verità non del tutto abbandonato) e oggi si occupa invece di inclusione finanziaria opponendosi alla violenza economica, grazie alla Global Thinking Foundation che abbiamo citato all’inizio della nostra intervista. Ci spiega come è avvenuto questo passaggio e quale è oggi l’attività di questa fondazione?
«La Fondazione nasce all’indomani della ratifica dell’Agenda 2030. I filoni che la attraversano sono due: aspetto economico, cioè arrivare ad una piena sostenibilità attraverso il raggiungimento dei 17 Obiettivi Globali e l’aspetto del Gol 5 (‘Raggiungere l’uguaglianza di genere ed emancipare tutte le donne e tutte le ragazze’) che fa riferimento a quello che riteniamo sia il gruppo sociale più discriminato in assoluto. Da qui è partita l’associazione».
Le tematiche sulla parità di genere e la finanza la appassionano da sempre?
«Vengo da una famiglia in cui la mia mamma è rimasta vedova quando io ero piccola. Quindi ho iniziato a lavorare nell’ufficio di mamma a 13 anni ed ho sempre seguito la sua attività: faceva l’agente di cambio che, all’epoca, non era una cosa banale. Furono pochi quelli che la sostennero, molti le dicevano “non è un lavoro per donne!”, ed io ho sempre seguito a distanza lei che aveva tutti contro e la sua passione per il lavoro e le dinamiche finanziarie. Curiosavo da lontano. Ha fatto questo lavoro per più di 40 anni, ricevendo anche una medaglia per la resistenza da parte della CONSOB. Per me è stato un grande esempio, perché ho iniziato a lavorare subito ma senza rinunciare ai miei sogni, continuando a studiare di notte e a lavorare di giorno.
All’Università è nato questo amore per i mercati internazionali e devo dire che arrivando a Milano (da Torino) ho realizzato un sogno, partecipando ad esempio ai lavori del Fondo Monetario Internazionale e di altre istituzioni e ho imparato tantissimo. Vedere queste delegazioni di governo rappresentate da tantissime donne mi ha sempre incuriosito e stupito, è per questo che per me è stato naturale – considerando la situazione italiana – mettermi dall’altro lato della barricata. Mi confrontavo sempre di più con famiglie in balia di una carenza e richiedevano tanto in termini di soluzioni finanziari, così è nata questa idea internazionale che ho presentato prima nella banca dove lavoravo e poi lasciando il mio lavoro e dedicandomi totalmente al progetto».
Che risultati ritenete di avere ottenuto? Come sa c’è un grande problema per le iniziative di educazione finanziaria: quello della misurazione dei risultati.
«Con il Master ‘Donne al quadrato’, abbiamo fatto un rapporto del 2019 dove abbiamo misurato gli esiti delle partecipanti, confrontando le varie regioni e l’impatto sociale, e lo abbiamo fatto in due momenti dell’anno, lavorando con Altis (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica del Sacro Cuore), su un indicatore di benessere finanziario e sociale, ed è stato rilevato un miglioramento tra il contesto macroeconomico e gli aspetti micro. Il risultato c’è: una crescita maggiore del controllo dell’impulsività, la maggiore consapevolezza del debito fino ad interiorizzare il controllo della spesa. L’unico aspetto negativo di questo dato che è stato misurato in un più 8%, è la preoccupazione per il futuro».
Noi parliamo molto di ‘gender gap’ nel campo del lavoro, delle retribuzioni, nel mondo politico. Ma i problemi importanti sono nella dimensione della famiglia, nel tessuto locale. Nella realtà con la quale si confronta personalmente ogni giorno, portando i progetti formativi della Fondazione, quali sono le fragilità, le vulnerabilità più diffuse con le quali combattono la maggior parte delle donne italiane nel rapporto con il denaro? Che cosa colpisce di più nelle donne che incontra e che cercano la vostra proposta formativa? Non a caso la vostra attività ha mostrato uno sforzo iniziale per il sud Italia dove ci sono le criticità più oggettive.
«Infatti, il nostro sforzo è cercare di ridurre le proprie paure, sui debiti da contrarre o già contratti, sostenere le donne che ambiscono a guadagnare di più, incoraggiarle a chiedere un aumento. Io mi occupo soprattutto di fare attività di mentorship e prevalentemente seguo le ragazze durante tutto l’anno. Inoltre, seguo i corsi legati al passaggio generazionale o alle imprese finanziarie. Mi dedico agli sportelli soprattutto al primo contatto, per poi orientare la richiedente verso il legale o il commercialista o quello che serve. Quello che mi colpisce di più sono i casi successori, quando ci sono diatribe familiari e quando i giovani vengono penalizzati dai genitori, cosa per me inconcepibile per me, o donne totalmente sprovviste di ogni consapevolezza. Ci vuole maggiore sorveglianza, formazione e maggiore incisività da parte del personale che interagisce».
Lei è una esperta di mercati finanziari internazionali. Un punto di osservazione interessante che le ha consentito di vigilare e cogliere prontamente i segnali di cambiamento che si sono manifestati, messi in atto da diversi governi e che vanno presi come esempio e modello per introdurre cambiamenti anche nel nostro paese. Una ventata di novità interessante l’ha portata l’amministrazione del neoeletto presidente americano Joe Biden che non ha minimamente lesinato nell’attribuire poltrone ed incarichi di prestigio a donne di conclamata competenza, a cominciare dalla sua Vice Kamala Harris. E poi: la ex Presidente della Federal Reserve Janet Yellen, nominata Segretario al Tesoro, Jen O’Malley Dillon, manager della campagna di Biden, nominata Vicecapo dello staff. Annie Tomasini, Capo dello staff della campagna di Biden, è stata scelta come Direttore delle operazioni dello Studio Ovale. Julie Rodriguez, sarà Direttore dell’Ufficio degli affari intergovernativi della Casa Bianca. Gina Raimondo, attuale Governatrice del Rhode Island, sarà il nuovo ministro del Commercio. Isabel Guzman, già esponente dell’amministrazione Obama, guiderà l’Agenzia per le pmi.

Che giudizio dà delle scelte di Biden e che valore hanno, anche dal punto di vista simbolico?
«Riguardo alla scelta di Biden, lui ha cavalcato il tallone d’Achille di Trump. Il risultato è un governo ‘politically correct’, con un esecutivo che punta ai consensi anche di chi non lo ha votato, forse le donne. Senza generalizzare, era il momento di un cambiamento e lui lo ha capito bene. Le donne difenderanno i diritti principali e la politica necessita di una forte partecipazione femminile, soprattutto ora che bisogna affrontare l’emergenza Covid. Una nuova occasione per andare sopra gli stereotipi».
A proposito di Usa, guardando a quello che succede in Borsa e nello specifico a Wall street, sono pronte a cambiare molte regole sulla parità di genere e sono pronte a aderire le società tecnologiche quotate al listino Nasdaq. Che cosa sta succedendo nello specifico?
«Sì, a fronte di un insediamento di una squadra di Biden molto esclusiva, il Nasdaq ha definito che cambieranno le disposizioni per almeno ¾ delle società quotate, che dovranno adattarsi alle nuove regole di rispetto della parità di genere anche delle minoranze Lgbt, pena il delisting: brutalmente, se non rispetteranno questi criteri di inclusività verranno buttate fuori dal listino, misura molto drastica. Un’occasione anche per l’Italia per riflettere, proprio quest’anno che abbiamo la presidenza del G20: abbiamo la possibilità di fare qualcosa e riflettere su quello che ha fatto il Nasdaq. Bisogna dimostrare che questi criteri di parità salariale, minoranze e parità di genere ci sono. Sono diritti umani universali e accettandolo, acceleriamo il processo di inserimento di misure a favore di questi diritti che devono essere rispettati da tutte le imprese».
Abbiamo parlato di Nasdaq, di società tecnologiche quotate in borsa. La tecnologia pervade la nostra vita e sta diventando sempre più importante la mole degli investimenti per rendere tecnologicamente sempre più competitivi i servizi finanziari. Secondo lei, servizi bancari più ‘smart’ e innovativi possono facilitare il rapporto tra donna e denaro, per quelle donne che ovviamente sono più restie e prendere confidenza con strumenti di pagamento e di risparmio?

«Penso che la pandemia abbia rappresentato sia un punto di svolta che un catalizzatore per la crescita dei servizi più a misura di cliente. Noi abbiamo creato un osservatorio per il Fintech allo scopo di monitorare lo sviluppo di queste tecnologie, che generano e aiutano progetti promotori della finanza sostenibile e supportano l’inclusione finanziaria. Ritengo che il fintech sia la panacea per noi e per lo sviluppo di progetti legati al sociale».
Che programmi avete per il 2021? Che iniziative intendete portare avanti?
«Il risultato più importante ottenuto è stato l’approdo alla seduta del Parlamento francese il 25 novembre dove ci è stato chiesto di spiegare il nostro modello formativo legato all’abuso economico. Avevamo presentato una guida sulla violenza domestica, distribuita in 3000 copie e ci hanno chiesto un dossier, che scaturisce da un ragionamento che stavamo facendo analizzando le varie casistiche. Quindi il 2021 ci proietta in un completamento della progettualità, partendo con Donna al quadrato per le ragazze più giovani.
La novità del 2021 sarà la Piattaforma ‘Young612’ che racchiude progetti digitali per ragazzi della fascia ‘prima infanzia – adolescenza e scuole superiori’. Tre progetti: Impariamo l’economia sostenibile con i Lego, ‘17 passi verso la sostenibilità’ e il museo dei bambini ‘Crescere pari’. Poi vogliamo sviluppare l’osservatorio Fintech e lavorare all’ampliamento dei nostri sportelli fisici, covid permettendo, che adesso sono a Milano e a Palermo e si aggiungeranno Torino e Brindisi. Il fatto che la Fondazione sia strutturata con volontarie che hanno esperienza in fatto di finanza e con i comuni con centri antiviolenza, facendo rete con associazioni femminili ci fa ben sperare sul funzionamento del nostro modello.
Chiudo con una chicca: come Fondazione siamo riuscite ad inserire dentro Wikipedia ‘violenza economica’ sia in italiano che in francese, perché non c’era. Questo lavoro è importantissimo, e dobbiamo divulgarlo il più possibile».