
Una recente ricerca dell’Osservatorio Innovative Payments descrive il 2020 come un anno fondamentale – pur nel contesto di un’emergenza mai vissuta prima – per il sistema dei pagamenti digitali che si sarebbero dimostrati “un valido alleato degli italiani, facilitando, da un lato, gli acquisti da remoto e, dall’altro, la riduzione dei contatti nei pagamenti in negozio.” Un ruolo di primo piano lo riveste il Mobile Payment, ovvero tutta la gamma dei pagamenti che possono essere fatti in piena sicurezza dal dispositivo telefonico: per qualcuno questo comparto tra letteralmente trainando tutta la gamma dei pagamenti innovativi in Italia. Ma quali altre evoluzioni dobbiamo aspettarci dal mondo dei pagamenti digitali? Quali fenomeni daranno un ulteriore impulso ad un comparto che vive una stagione di innovazione tumultuosa, da un lato, accanto ad una robusta regolamentazione che ha come obiettivo la massima tutela per il consumatore? In Italia si ripongono molte speranze nel Piano “Italia Cashless” varato dal Governo italiano con l’intento di incentivare i pagamenti digitali attraverso campagne particolarmente coinvolgenti per il cittadino: dal ‘Cashback’ alla Lotteria degli scontrini. Ma c’è da fare anche molta attività educativa verso famiglie e imprese sulla necessità di incentivare il pagamento digitale per ridurre i costi dei rapporti con la banca, per velocizzare le operazioni, ridurne i tempi senza più sopportare estenuanti code allo sportello, abbiamo l’obiettivo di ridurre l’evasione fiscale attraverso la garanzia dei pagamenti tracciabili. E sullo sfondo, dare fiducia al ‘fintech’ che può esprimere ancora molte idee e soluzioni innovative per dare un volto sempre più moderno al panorama bancario e finanziario. Si è creato un grande spazio per molti player che hanno intercettato i molteplici bisogni che possono essere soddisfatti dalla ‘banca smart’, come ci racconta la protagonista della nostra conversazione. Elena Lavezzi, Head of Southern Europe Revolut, un rivoluzionario intermediario finanziario specializzato nel trasferimento di denaro all’estero e oggi exchange di criptovalute. Con un occhio attento all’educazione finanziaria del cliente.
Revolut é stata fondata nel 2015 da Nik Storonsky and Vlad Yatsenko, ex trader di Credit Suisse e Deutsche Bank, con l’obiettivo di diventare un’alternativa digitale alle banche tradizionali. Il successo stato determinato dalla possibilitá di spendere e trasferire denaro all’estero al tasso di cambio interbancario. Da allora l’azienda ha attratto oltre 15 milioni di clienti in Europa grazie alle impostazioni di spesa, controllo del budget ed exchange di criptovalute. Revolut ha raccolto circa 900 milioni di Dollari di investimenti da Venture Capitalist affermati come Index Ventures, Ribbit Capital, Balderton Capital e DST Global.
Elena, la coinvolgiamo nella nostra conversazione sui pagamenti digitali, ma in effetti l’azienda che lei dirige va anche oltre. Ci esibisce il biglietto da visita di Revolut? Abbiamo letto che lei la definisce ‘una fintech pensata per democratizzare i servizi finanziari’.
Revolut nasce circa sei anni fa, da un’idea molto semplice, ovvero quella di non aggiungere commissioni svantaggiose al tasso di cambio reale. Infatti, all’epoca, era considerata il miglior partner finanziario per i viaggiatori. In realtà poi, in questi cinque anni e mezzo, l’app ma anche la tecnologia, non solo il prodotto, si è evoluta moltissimo e ad oggi siamo considerati il miglior partner finanziario per la vita di tutti i giorni. Quindi stiamo costruendo questa fintech ‘super-app’ che ha l’obiettivo di rispondere a tutte le esigenze, sia mainstream che di nicchia, legate al mondo della finanza, ovvero le nostre esigenze finanziarie quotidiane e non. Considerando anche che i tempi cambiano, i consumatori cercano un’esperienza sempre più aggiornata ma anche sempre più da personalizzare, non vogliono più avere troppe applicazioni sul proprio smart-phone e dunque fare i vari processi di iscrizione e on-boarding ad app diverse, ma vogliono trovare la risposta a tutte le loro esigenze in un unico ‘luogo’. E questo è proprio ciò che noi vogliamo andare a creare: una app che permette agli utenti di gestire le proprie spese quotidiane, a monitorare il budget, cambiare il denaro in valute differenti, investire in cryptovalute, ottenere cashback e sconti, avere un prodotto dedicato a bambini e ragazzi (da 7 a 17 anni). Questa è la nostra direzione verso il futuro dei pagamenti.
Ancor prima di diventare una figura di riferimento nel campo dell’innovazione tecnologica legata ai servizi finanziari lei ha maturato una significativa esperienza nel mondo più generale delle start up e degli ‘unicorni’. A lei si deve il lancio di Uber in Italia e la nascita di Circle, un’azienda statunitense specializzata nel trading di criptovalute: come è arrivata al fintech?
Io sono appassionatissima di start-up e di tecnologie fin dai tempi dell’università. Ho capito da allora che mi sarebbe piaciuto lavorare per aziende che, con la loro tecnologia, semplificavano una necessità, un problema reale degli utenti, andando ad impattare positivamente sulla vita di milioni di persone. E’ vero, io ho lavorato per il lancio di Uber sul mercato italiano, che ha di fatto creato la sharing-economy e l’industria della ‘mobilità condivisa’. Il passaggio al fintech, in realtà, è stato abbastanza naturale. Il fintech è un settore che – quando sono entrata io – stava crescendo, mentre oggi sta letteralmente esplodendo. Il fintech sta dando vita a realtà molto interessanti ed è in continua evoluzione, tanto è vero che ora sta decollando l’insurtech (la tecnologia applicata ai servizi assicurativi). Per me è stato intuitivo capire che quella era la direzione da prendere, perché le tecnologie che avrebbero avuto maggiore impatto erano le tecnologie di questa industria (quella finanziaria).
Revolut ha raccolto oltre 900 milioni di dollari ed è valutata 5,5 miliardi di dollari. 15 milioni di clienti nel mondo, di cui oltre mezzo milione in Italia. Quale è il profilo del fruitore del vostro servizio?
Il nostro utente ha in media 35 anni. Parliamo principalmente di professionisti che vivono nelle grandi città, che viaggiano frequentemente, ma non solo. Pensate che Revolut oggi offre più di 70 funzionalità, per questo viene utilizzato da diverse tipologie di cliente per scopi diversi. C’è chi lo usa per mandare denaro al figlio che studia in un altro paese, c’è chi lo usa per scambiarsi denaro con gli amici o per dividersi il conto al bar, chi lo usa per investire in maniera semplice in crypto-valute, chi per viaggiare risparmiando sui tassi di cambio. Il segreto di Revolut è certamente il prodotto ma ancora di più la facilità di utilizzo. E’ intuitivo per un ragazzino di 18 anni come per una persona adulta ma poco pratica di strumenti di pagamento digitali. Noi puntiamo proprio alla semplificazione della gestione della finanza.
A parte l’innovazione finanziaria legata al servizio che eroga la vostra piattaforma, è innovativo anche il modo su cui Revolut punta per crescere e svilupparsi, ovvero attraverso il venture capital. Come mai puntate su questa modalità, quali sono i vantaggi?
Il settore fintech ha delle potenzialità enormi che stiamo iniziando a scoprire ora. Ci sono dati importanti sugli investimenti: basti pensare che nel 2020 il settore ha attratto 44 miliardi di dollari, il 14% in più rispetto all’anno precedente. I venture capitalist sono in grado di investire in modelli di business promettenti, che hanno la potenzialità di ‘scalare’, con una quantità di capitale considerevole che è difficile raccogliere, soprattutto se poi ci sono obiettivi importanti in termini di ‘scalabilità’, di portare i gruppi all’internazionalizzazione. Avere come partner certi tipi di venture capitalist consente anche di accedere a competenze preziose, piuttosto che a network, che serve alle nostre realtà in questa fase di ‘skill-up’. Dobbiamo considerare un aspetto importante: prima di tutto noi siamo un’azienda tecnologica e dopo un’azienda finanziaria. Dunque, le nostre dinamiche aziendali per crescere sono dinamiche tipiche del mondo delle start-up e il venture-capital è il veicolo principale di crescita di queste realtà. Avere come partner il venture-capitalist vuol dire, di conseguenza, avere degli obiettivi molto ambiziosi perché le aspettative sono molto grandi. Noi siamo stati in grado di attirare i migliori: da Index Ventures a Ribbit Capital, da Balderton Capital a DST Global.
In Italia la spinta al settore dei pagamenti digitali è stata fortissima con la pandemia. Anche i consumatori più resistenti hanno compreso che l’uso del dispositivo tecnologico per effettuare pagamenti è facile, utile e sicuro. Eppure, nel nostro paese l’uso del contante è ancora molto diffuso e rimane una quota di popolazione che continua a diffidare dell’uso di bancomat e carta di credito. Cosa pensa della situazione italiana, dal suo punto di vista di manager di un’azienda con visione europea?
E’ vero che in Italia l’approccio al contante è diverso rispetto, ad esempio, a paesi del Nord Europa, piuttosto che al Regno Unito. È anche vero che, come abbiamo visto qualche mese fa quando è stato lanciato il Cashback di Stato, come sia stato importante e prezioso, auspicando che porti i risultati sperati e che serva a diffondere l’uso dei pagamenti elettronici. In parallelo però pensiamo che serva una maggiore attenzione nei confronti dell’educazione finanziaria, per fare in modo che queste iniziative non vengano percepite come una sorta di ‘imposizione’ e come una sorta di passaggio temporaneo per avere benefit extra, ma devono mostrare alle persone quali sono benefici di una società che utilizza i pagamenti elettronici tutti i giorni: meno costi, più sicurezza, maggiore visibilità e controllo delle proprie spese e più opportunità nella gestione del proprio denaro. Non bisogna dare per immediato un cambiamento così profondo: può essere scontato per alcune fasce della popolazione, ma non per tutte. Ecco perché può essere opportuno accompagnarlo da più fronti: dalle aziende alle istituzioni. Al netto di questo aggiungo che, però, Revolut in Italia ha avuto una risposta fortissima. La nostra crescita è stata esponenziale: questo vuol dire che il mercato è pronto.
E’ complicato dar vita ad una start – up nel settore finanziario?
Per dare una risposta servirebbero diverse ore di discussione! Anche se io ora la vivo dal lato ‘dipendente’ e non dal lato ‘imprenditore’ che lancia da zero l’idea. Questo settore sta evolvendo in maniera molto veloce e di conseguenza c’è tanta competizione. Noi, come azienda, dobbiamo considerare diversi fattori: innanzitutto che le esigenze degli utenti cambiano molto velocemente; e poi ci rivolgiamo ad un pubblico di utenti eterogeneo. Le necessità che può avere un ragazzo di 25 anni che vive in una metropoli sono molto diverse dal consumatore di 40 anni che vive in provincia. Aggiungo, tutte volte che puntiamo ad un mercato dobbiamo costruire da zero la nostra reputazione e dunque la fiducia dei clienti nei nostri confronti. In particolare, perché il nostro settore è molto delicato, abbiamo a che fare con il denaro delle persone. Le complessità sono tante, anche dal punto di vista della regolamentazione e poi siamo in un ecosistema in grande fermento. Questa è un’industria molto interessante nella quale operare in questo momento e nel quale c’è un potenziale di innovazione inesplorato altissimo.
E’ vero che è un mondo ancora largamente presidiato da uomini? Ha faticato a ricavarsi spazio e credibilità?
E’ vero che tecnologia e finanza insieme fanno pensare, anche alle persone che si candidano, che di partenza siano ambienti prettamente maschili. E la finanza è un ambiente nel quale lavorano principalmente uomini, non solo in Italia ma in tutto il mondo. Con il tempo la situazione sta cambiando (‘migliorando’) e quello che noi stiamo facendo come azienda è attrarre i talenti femminili e fare in modo che le donne ci mandino il loro curriculum. Poi sta a noi, durante il processo di selezione, far capire loro che c’è lo spazio giusto di crescita in questo tipo di aziende anche per le donne. Io, devo dire la verità, ho sempre trovato grande meritocrazia nelle realtà tech. Le start-up hanno come comune denominatore il fatto che è importante che tu raggiunga certi risultati e i tuoi obiettivi. E se li raggiungi ti viene riconosciuto. La mia esperienza è positiva al riguardo. Ma c’è ancora molto da fare per attrarre profili di donne, che ci sono porte aperte e opportunità per crescere e anche per rivendicare lo spazio per le proprie esigenze personali. In Revolut la diversity è importante a 360 gradi, non solo nel rapporto uomo-donna. Noi siamo 2300 persone in più di 20 città nel mondo con 100 nazionalità diverse, background completamente diversi: per noi è normale lavorare in un ambiente inclusivo e questo è un valore che poi riusciamo a trasferire sui nostri prodotti e servizi ai clienti. Noi non facciamo prodotti che si rivolgono solo ad un certo tipo di persona, ma a tutti: dunque è fondamentale che dal product-manager, al design-manager, dall’ingegnere al business development manager, al communication manager, siamo in grado di rivolgerci a tutti.
La faccio tornare indietro nel tempo, richiamando la sua esperienza con Uber, perché abbiamo letto che ha avuto una gran bella esperienza con questa società (al contrario invece dello scarso successo che questo modello ha sul mercato italiano). Il cv mandato a San Francisco, l’accettazione pressochè immediata della sua candidatura, il lancio italiano e poi la destinazione indiana. Un’esperienza invidiabile, che cosa le ha lasciato?
Una precisazione: io ho fatto tutto il processo di selezione! Però è stata certamente impressionante la velocità con cui hanno condotto il processo di selezione, proprio con il classico approccio da start-up. Tu mandi il cv, dopo due ore ti rispondono e la selezione inizia subito. Da noi magari siamo abituati diversamente, i processi sono più lenti, con step diversi e più burocrazia. La mia esperienza con Uber, che opera in diverse città italiane, è stata una delle più belle della mia vita. Cosa mi ha insegnato? Intanto questa è una delle aziende di più grande successo di questo millennio, lo dico con sicurezza: io sono entrata ed eravamo un centinaio di dipendenti e nessuno di noi si sarebbe mai immaginato che diventasse una realtà globale in così pochi anni. In Uber io personalmente ho imparato a lavorare con colleghi di tutte le parti del mondo, a costruire qualcosa da zero anche se non c’era nessuno ad insegnarmelo, trovare il modo di farlo. L’approccio di queste realtà è: FAI! Prima di chiedere FAI! Inizia a fare e poi aggiustiamo il tiro. Io ho testato tanto ad esempio a fare i famosi ‘play-book’: testiamo tanto e poi andiamo a condividere con i nostri colleghi, dove abbiamo fallito accettiamo di aver fallito, dove migliorare e invece cosa è andato bene per permettere ai colleghi di migliorare. E infine mi ha permesso di capire cosa vuol dire lavorare per un’azienda che sta scalando un prodotto con certe complessità e che variano a seconda del mercato. Un conto è lanciare un prodotto in America, un conto è lanciarlo in Europa, che è un mercato molto diverso e frammentato. Ogni mercato ha la sua regolamentazione, la sua cultura, la sua lingua. In Italia ho imparato a modellare letteralmente un’industria da zero. Un’ esperienza bellissima.
Altro tema ‘spinoso’ sul quale lei è in prima linea: investire in criptovalute. È un mondo molto rischioso e volatile, non per tutti. Con che tipo di approccio proponete di investire in questo mercato che è certamente promettente ma ancora decisamente poco adatto a molti risparmiatori?
Il mondo delle crytpovalute oggi è un po’ come Internet negli anni ’90. Un grande potenziale ma ancora difficile da utilizzare e da comprendere per gli utenti ‘mainstream’. Con l’arrivo dei browser poi la potenza del mezzo è esplosa e sono arrivate tutte quelle piattaforme che conosciamo: da Google a Airbnb, a Uber.. solo per citare le più note. Con le Crypto il primo vero passo necessario è farle diventare ‘user friendly’. Quello che stiamo facendo noi in Revolut: rendere l’investimento in cryptovalute accessibile a tutti, nel senso proprio di ‘customer experience’. Prima c’erano le piattaforme che si rivolgevano a trader professionisti ed erano complesse e difficili da utilizzare. Noi abbiamo lanciato una funzionalità con l’obiettivo di avvicinare al mondo delle cripto tutti coloro che ne sentivano parlare ovunque, avevano la curiosità di avvicinarsi a questo mondo e non sapevano bene come fare. Per il momento offriamo la possibilità di investire in sei cryptovalute che sono le più note (Bitcoin, Ethereum, Ripple…) ed è possibile all’interno della nostra app cambiare le valute in crypto e viceversa e anche inviarle ad altri utenti. In modo semplice, intuitivo, anche per chi non è un professionista. Ma a parte questo, noi in tutti i canali di comunicazione con i nostri clienti (app, sito, blog e le email che periodicamente inviamo) sottolineiamo in maniera molto chiara che ci sono rischi significativi associati alla compravendita delle cryptovalute. Il valore di una cryptovaluta può cambiare rapidamente, è molto incline alle fluttuazioni, può aumentare o diminuire significativamente in qualsiasi momento: si può perdere molto denaro, anche l’intera cifra investita. E’ importante che i nostri clienti siano molto bene informati dei rischi, in modo da poter fare le loro scelte consapevolmente e in base alle loro disponibilità.
Quali sono le novità tecnologiche più interessanti alle quali state lavorando e su quali, a suo avviso, punterà il mercato prossimamente? Quali le principali direttrici d’innovazione in ambito Innovative Payments?
Ci sono diverse novità. Per quello che ci riguarda novità di prodotto e di funzionalità per rendere le soluzioni sempre più vicine ai bisogni non solo mainstream ma anche di specifiche nicchie. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo lanciato Revolut Junior, che si rivolge ad un pubblico di utenti dai 7 ai 17 anni (sempre con il supporto dei genitori) per permettere loro di avvicinarsi alla gestione del denaro e della paghetta, a capire il meccanismo del risparmio, il raggiungimento di un obiettivo. Abbiamo poi lanciato il programma di ‘Rewards’, che è la nostra piattaforma di sconti e cashback, che risponde all’esigenza di gestire il denaro in modo efficace e vantaggioso. Abbiamo lanciato un programma per avere protezione negli acquisti. Spesso di capita di lanciare nuove funzionalità e nuovi prodotti proprio avendo ascoltato il feedback degli utenti. In generale la priorità di una realtà fintech è quella di mettere il cliente al centro: il cliente deve capire che il prodotto offre massima trasparenza, commissioni minori possibili e la possibilità di personalizzare sempre di più la piattaforma: io devo sapere che lì posso trovare una risposta a tutte le mie esigenze legate alla gestione del denaro. Ultima cosa: il ‘core’ della nostra base utenti sono i millennials, non tutti ma sono prevalenti. Questi clienti, a differenza dei propri genitori che magari hanno avuto per decenni un rapporto con un’unica banca, con una fedeltà estrema, i millennials sono esattamente l’opposto: non sono così fedeli al prodotto, ma cercano dove c’è maggiore convenienza e dove c’è più innovazione.
Quali potenzialità per il mercato italiano?
Potenzialità enormi, proprio perché ancora non è un mercato maturo. Come dicevo prima, l’Italia ha risposto benissimo alla presenza di Revolut sul mercato, tanto che per noi è diventato mercato prioritario a livello globale. Ecco perché abbiamo una roadmap di novità importanti e ci sarà certamente un consolidamento della nostra presenza e della nostra attività.
Non solo finanza, non solo carriera. Lei ha fondato “Unicef Next Gen”, insieme ad altri tre imprenditori, con il quale facilitare la beneficienza, attrarre nuovi donatori e individuare canali innovativi di raccolta adatti alle giovani generazioni. Che pensiero c’è dietro una iniziativa di questo genere?
Attivare un network e nuovi canali di comunicazione per dare vita a raccolte fondi più in linea con le nuove generazioni. Abbiamo creato una community, dai quattro di partenza (me compresa) siamo diventati 33 membri, che agisca affinchè vengano garantiti a tutti i diritti più importanti: diritto alla protezione, alle cure, alla nutrizione, formazione e all’istruzione. Il primo progetto che abbiamo sostenuto sono stati gli Innovation Lab in Libano che hanno l’obiettivo di garantire a centinaia di adolescenti siriani, palestinesi, libanesi ad alto rischio di vulnerabilità un percorso di formazione informale, che permetta loro una maggiore integrazione sociale e possibilmente l’avviamento al lavoro. Poi, purtroppo, c’è stata la pandemia in mezzo. Adesso stiamo definendo le prossime attività.

“DONNE SCIENZA INVENZIONE CARRIERA – Progetto di Gianna Martinengo”
Dalle esperienze alle skill al role model, viaggio tra le professioniste e scienziate che stanno facendo progredire il mondo della scienza italiano e internazionale. Interviste a “mente aperta” anticipate da un viaggio nei diversi mercati dell’innovazione. Uno spazio sarà dedicato alle trentenni , giovani donne – professioniste e scienziate – che affrontano il futuro con coraggio e determinazione.