“Il mio lavoro mi permette di costruire percorsi di ricerca insieme a giovani che sono nel loro maggior momento di creatività. Come non essere entusiasta? È una fortuna unica! Ed in più alla mia età posso assaporare il fatto di “averne azzeccate qualcuna”. Rendersi conto che quello che raccontavo 10-15 anni fa ora diventa ‘main-stream’ è sorgente di soddisfazione e frustrazione insieme: la prima ovviamente conferma che ho fatto bene il mio mestiere di “visionaria”, la seconda ha un piccolo retrogusto amaro. Ma se fossi riuscita a convincerli dieci anni fa? Però questi sono i tempi della ricerca”. Parte con questa riflessione in chiaroscuro la nostra conversazione con Fosca Giannotti, Director of Research, Istituto di Scienza e Tecnologie dell’Informazione, National Research Council of Italy (ISTI-CNR), Tecnovisionaria 2021, premiata tra l’altro per “il suo lavoro di ricerca, costantemente orientato alla valorizzazione dello scambio e del confronto. Dirigente di ricerca al CNR di Pisa, con un background in computer science, da oltre vent’anni si occupa di data mining, esplorando da pioniera territori complessi: la comprensione delle dinamiche connesse alla mobilità, l’analisi dei social network, la tutela della privacy”.

Può aiutarci a capire lo spirito con cui sta portando avanti quello che è considerato uno dei suoi più interessanti progetti di ricerca, SoBigData? Che cosa significa aver dato vita ad una piattaforma che connette i centri di ricerca europei?

Il nome SoBigData sta per ‘Social Mining e Big Data Analytics’. Questo è un progetto particolare che ha tre pilastri: un ecosistema in continua crescita di dati, raccolti e curati da ricercatori per altri ricercatori o innovatori che vogliono osservare, scoprire e/o validare teorie scientifiche volte a comprendere la complessità della nostra società contemporanea. Infatti, questi dati memorizzano attività umane, sono frutto di utilizzo di sistemi informatici e telematici, raccolti da aziende, poi anonimizzati e resi disponibili alla ricerca.  Spesso sono dati di “seconda mano”, utilizzati per certi scopi, ad esempio la fatturazione delle nostre telefonate che, invece, se osservati sotto un’altra prospettiva possono raccontarci storie su come ad esempio le persone si muovono in un territorio, o ancora meglio ci permettono di calcolare un nuovo indicatore di prosperità/deprivazione di un territorio.  Stessi dati, ma utili a rispondere a domande scientifiche diverse. Il tutto rispettando la privacy dei cittadini, in questi contesti, perché a noi interessa vedere come si comportano i gruppi, non i singoli individui. Un ecosistema in continua crescita di strumenti per l’analisi di Big Data in tutte le loro forme: data mining, machine learning, analitica per le reti sociali, e per i dati di mobilità ed un insieme di strumenti concreti per agire in modo responsabile su questi dati e quindi realizzare gli esperimenti di osservazione dei fenomeni con rispetto di valori e norme per la protezione della privacy.

Ci diceva che questi metodi ed algoritmi sono creati da ricercatori per altri ricercatori o innovatori.

Si. Molti di questi metodi sono prodotti di ricerca di frontiera, chiediamo ai ricercatori di fare uno sforzo ulteriore, documentarli e renderli utilizzabili all’interno di una piattaforma. Abbiamo così creato una comunità interdisciplinare composta da esperti di scienza dei dati ed Intelligenza artificiale, scienziati sociali computazionali, urbanisti ed esperti di scienza delle città, macro-economisti e demografi, da 32 diverse Istituzioni di ricerca di 11 Paesi Europei, questi ricercatori collaborano a condividere i loro risultati ed a costruirne di nuovi sulla base di questi. Ci sono 5 “exploratori”, come li chiamiamo noi, cioè contesti specializzati su alcune tematiche di osservazione della società: uno studia i dibattiti in rete, qua i ricercatori si occupano di capire come si formano e si diffondono le opinioni; le eco-chambers, studiano metodi per individuare le notizie false; un altro studia la scienza delle città, dove si prova ad osservare fenomeni di sostenibilità ambientale della mobilità; altri exploratori provano a ridefinire modi diversi di misurare il benessere e la felicità di una popolazione. Questa grande infrastruttura, un po’ virtuale ed un pò di persone, distribuita, paneuropea e multidisciplinare volta a utilizzare il social mining ed i grandi dati per comprendere la complessità della nostra società contemporanea, globalmente interconnessa, facilita le collaborazioni con le industrie per sviluppare progetti pilota e accelerare l’innovazione guidata dai dati. In questo momento SBD ha circa 6500 utenti, ha realizzato più di 60 progetti nei suoi esploratori e ce ne sono in corsi altrettanti. Ha contribuito alla formazione di più 700 scienziati dei dati. Ed il progetto ha le potenzialità per andare avanti fino al 2030.

Che cosa prova ad avere realizzato un’architettura di questo tipo?

Ecco, aver avuto l’idea e contribuito a realizzarla mi fa stare bene. Questa idea ha la sua genesi dalle tante collaborazioni scientifiche costruite in molti progetti internazionali di ricerca nel primo decennio del 2000. Con molti colleghi iniziammo a condividere la visione della possibilità di usare le molte tracce digitali lasciate dalle attività umane come “digital mirror” di fenomeni sociali anche molto complessi: dalla mobilità umana, alle relazioni sociali, ai fenomeni di diffusione epidemici, alla formazione delle opinioni, al benessere. Mentre eravamo molto bravi a realizzare solidi metodi matematici e statistici per dare senso ai dati, era invece difficile reperirli e sapete perché? Perché questi dati di fatto erano posseduti dalle aziende che fornivano servizi: gli operatori telefonici, le compagnie assicurative, i motori di ricerca, i social networks. E così per provare la bontà dei nostri metodi era necessario stabilire delle partnership con tali aziende. Più le aziende diventavano forti e consapevoli del valore dei loro dati – sto parlando degli anni del consolidamento di Facebook, di Google etc – sempre più era difficile per chi aveva una nuova idea poter accedere ai dati e sperimentarla. Era quindi evidente che serviva uno spazio pubblico per rendere disponibili dati. Poi la seconda intuizione: le sfide scientifiche le affrontato gli scienziati sociali, gli storici, i demografi, gli urbanisti. Sono loro i nostri utenti, sono le loro che pongono le domande scientifiche che possono trovare solide risposte dai dati. Quindi uno spazio pubblico e sicuro, dove realizzare esperimenti in “scatole protette”. Ecco questo è SoBigData.

Il ‘data mining’ è un terreno di ricerca potenzialmente infinito. E infatti, da pioniera, ha intuito le enormi prospettive offerte da molti settori, come indica anche la motivazione del Premio Tecnovisionarie 2021 che le è stato conferito: mobilità, analisi dei social network, tutela della privacy. C’è un settore che per i risultati conseguiti, le è apparso particolarmente interessante e perché?

Il settore dove sicuramente abbiamo ottenuto risultati interessanti è quello della comprensione della mobilità umana. Ricerca avviata all’inizio degli anni 2000, con l’intuizione che dati dei nostri cellulari, o delle scatole nere delle assicurazioni potessero servire a capire meglio la mobilità di un territorio per i decisori pubblici e fossero il mattone base per la costruzione di servizi intelligenti per la mobilità del cittadino. Nel 2004 abbiamo vinto un progetto Europeo di ricerca di base proprio sull’analisi dei dati di mobilità, con la sfida di usare dati da telefonia o dai GPS dei veicoli, ma in una modalità rispettosa della privacy. Questo progetto, denominato GeoPKDD.eu che ho coordinato nel 2010, è stato selezionato dalla EU per essere premiato al Parlamento Europeo.  All’inizio ci dicevano che eravamo matti. Invece abbiamo portato a bordo una compagnia telefonica, un operatore telematico delle assicurazioni e siamo andati dal Garante della Privacy dicendo: noi vogliamo imparare a fare queste utili analisi in modo rispettoso della privacy, per farlo dobbiamo accedere anche ai dati anche sensibili. Abbiamo quindi creato una specie di galleria del vento dove, in sicurezza, abbiamo imparato come potevamo estrarre comportamenti di mobilità e come potevamo anonimizzarli.

Intelligenza artificiale e percepito verso la collettività. Ci sono grandi aspettative sulla ricerca e l’approccio Ai, c’è tanto pregiudizio e anche una convinzione diffusa che le soluzioni ai problemi grazie all’Intelligenza artificiale ‘scappino di mano’ e abbiano bisogno di maggior controllo e una sorta di ‘governo’. Quale è la sua idea su questo?

Intanto mi lasci dire che quando parliamo di Intelligenza Artificiale si intende un ecosistema di modelli e tecnologie digitali per la percezione, il ragionamento, l’interazione e l’apprendimento che ha raggiunto un livello di maturità tale da rappresentare un fattore centrale della trasformazione digitale della società. Il prepotente ritorno alla ribalta dell’AI è legato soprattutto all’aspetto dell’apprendimento dai dati, il “machine learning”, grazie all’emergere dei Big data. I dati arrivano a fornire una massa critica di esempi da cui apprendere, gli algoritmi scoprono modelli predittivi e pattern nascosti nei dati, le architetture ad alte prestazioni forniscono le risorse di calcolo e di memorizzazione necessarie. Quindi tutto il bagaglio di cose di cui vi ho parlato fino ad ora, SoBigData, la Big Data Analytics nelle sue varie forme tasselli di quell’ecosistema. I notevoli avanzamenti di questi anni nel riconoscimento di immagini e nella visione artificiale, nella comprensione del testo e del parlato, nella traduzione automatica, nella diagnosi medica, nella valutazione del rischio finanziario, nella manutenzione predittiva dei macchinari sono il frutto congiunto del miglioramento degli algoritmi di Intelligenza Artificiale e della disponibilità di dati che permettono agli algoritmi di allenarsi, o meglio. di imparare da quei dati “algoritmi” per riconoscere, suggerire o predire capaci di funzionare su dati nuovi, mai visti. Tutto molto fantastico, ma purtroppo ci sono anche delle trappole: da quei dati impariamo quello che c’è, e quindi anche eventuali discriminazioni o distorsioni della realtà. L’esempio su tutti il ‘boot’ che apprende il linguaggio dalle conversazioni in rete, dopo un po’ diventa scurrile come sono i discorsi da cui ha imparato. Questi metodi, destinati a costituire l’intelligenza basilare di sistemi automatici, necessitano quindi di un notevole impianto di controllo e verifica. La brutta notizia è che ancora non sappiamo esattamente come possa essere fatto, la bella notizia per la ricerca è che ci sono tanti bei problemi aperti.

Nel corso della cerimonia di premiazione delle Tecnovisionarie 2021 lei ha detto: “Le scelte che stiamo facendo oggi stanno disegnando gli scenari futuri, tutto dipende da noi. Potremmo andare verso una AI che potenzi le nostre capacità: il modello a cui penso è una sorta di Super Doctor House (richiamando la nota serie televisiva, ndr). Oppure potremmo vedere lo sviluppo di algoritmi che decidono in tutto e per tutto per noi”. Perché siamo al punto cruciale in cui dobbiamo decidere ora la direzione da prendere?

Questa è una riflessione a cui tengo molto, l’Intelligenza artificiale è anche un mattone importante della trasformazione digitale della nostra società, in questo momento stiamo assistendo ad una specie di ubriacatura per i fantastici risultati, ma abbiamo la responsabilità di decidere che uso ne vogliamo fare. Un esempio su tutti è il riconoscimento facciale, può essere un utile strumento per la sicurezza della società, ma anche uno strumento per limitare le libertà.  Un altro esempio sono i sistemi intelligenti di supporto alle decisioni, fondamentali per aiutare le persone ad usare la molta conoscenza disponibile e prendere delle decisioni più informate: dalla medicina, alla gestione del traffico, alla finanza etc. Ecco qui ben si adatta il modello “Dr House” della serie televisiva. Il sistema intelligente aiuta la persona ad amplificare le sue capacità, a generare nuove ipotesi, a formularne altre, non a demandare all’algoritmo. La tecnologia non è neutrale. Io vorrei che andassimo verso una Intelligenza Artificiale centrata sulla persona e la società. Non necessariamente tutto quello che si può fare con una tecnologia va adottato, e se un particolare uso di questa mette in discussione dei valori in cui crediamo, possiamo decidere che quell’uso non è adeguato alla nostra società. Quindi sta a noi decidere che direzione prendere ed eventualmente regolamentare!

L’intelligenza artificiale porterà ricchezza o aumenterà le diseguaglianze?

L’IA genererà cambiamenti molto più profondi di qualsiasi altra rivoluzione tecnologica nella storia umana. A seconda del corso che questa rivoluzione prenderà, l’IA potenzierà la nostra capacità di fare scelte più informate o ridurrà l’autonomia umana; espanderà l’esperienza umana o la sostituirà; creerà nuove forme di attività umana o renderà superflui i lavori esistenti; aiuterà a distribuire il benessere per molti o aumenterà la concentrazione di potere e ricchezza nelle mani di pochi, espanderà o metterà in pericolo la democrazia nelle nostre società. Le scelte che affrontiamo oggi sono legate a questioni etiche fondamentali sull’impatto dell’IA sulla società, in particolare la sua influenza sul lavoro, le interazioni sociali, l’assistenza sanitaria, la privacy e l’equità.

Tecnovisionarie

“DONNE SCIENZA INVENZIONE CARRIERA – Progetto di Gianna Martinengo”

Dalle esperienze alle skill al role model, viaggio tra le professioniste e scienziate che stanno facendo progredire il mondo della scienza italiano e internazionale. Interviste a “mente aperta” anticipate da un viaggio nei diversi mercati dell’innovazione. Uno spazio sarà dedicato alle trentenni , giovani donne – professioniste e scienziate – che affrontano il futuro con coraggio e determinazione.

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