Le infinite possibilità della cultura digitale

Margherita LederChe cosa significa ‘diffondere cultura digitale’? Un concetto certamente ampio, se non vago, per chi – ancorato al mondo analogico – continua a resistere alla rivoluzione che si sta consumando inevitabilmente attorno a noi. La spinta delle giovani generazioni, molto dinamiche e creative ed inevitabilmente ‘native digitali’ è fondamentale nel sostenere questo impulso, che ha comunque ancora bisogno di luoghi fisici per pensare, creare, ideare, confrontarsi, fare rete, nonostante la recente pandemia abbia provato a metterli all’angolo, a renderli meno necessari. Ciò su cui si punta da qualche tempo a questa parte sono innovativi poli tecnologici, come l’Hangar21 che sta decollando a Milano, sfidando anche la tremenda crisi che il Covid ha scatenato in tutto il mondo. Un investimento di 700mila euro per dare vita a questa ‘Casa dei talenti’, a quello che già in molti reputano il più innovativo punto di riferimento per la produzione di contenuti digitali in Italia. L’amministratore delegato di questa realtà, Roberto Rosai, ha 33 anni; il Direttore Generale, Davide Maestri, ne ha 34; la Direttrice operativa 26. Ed è su di lei, Margherita Leder, che focalizziamo la nostra attenzione, su questo astro nascente della diffusione della cultura digitale in Italia. “Si, abbiamo fatto un grande investimento (700mila euro) ma c’è da dire che società come la nostra non hanno risentito troppo del contraccolpo della crisi e della pandemia. Anzi, abbiamo dovuto accelerare certi processi: la società ha ritenuto che fosse un buon momento per investire, anche perché crediamo che in un momento come questo è giusto investire per crescere” (Tmp è passata da un fatturato vicino al milione di euro a oltre tre milioni di euro, con un trend di crescita sia dei ricavi (+27%) sia dei clienti (+169%) solo nell’ultimo anno, ndr). 

Cosa significa, ad appena 26 anni, guidare un team di 30 persone ed essere Direttrice Operativa di un’azienda (TMP Group, media company internazionale, ndr), era questo ciò che immaginavi per te quando studiavi all’università Bocconi o, come spesso capita, il caso ti ha fatto incontrare questa avventura?

“E’ arrivato tutto casualmente, ma per una serie di scelte fatte consapevolmente. Io sono laureata in Giurisprudenza alla Bocconi: studiare giurisprudenza era il mio grande sogno, volevo fare quello da quando avevo 5 anni. E invece, alla fine del percorso di studi, per quanto abbia apprezzato la formazione ottenuta, ho capito che non era quello che volevo e non sarebbe stato il mio campo professionale. Mi sono quindi spostata nel mondo del no-profit (in AIESEC, la più grande associazione studentesca di volontaria al mondo, con un network di oltre 100.000 studenti provenienti da più di 2400 università, ndr) dove lavoravo nel legame con il corporate, ed è nata l’opportunità di entrare in Tmp Group. Sicuramente non mi aspettavo di andare così velocemente, perché questa avventura professionale è una sfida impegnativa, continuiamo a crescere come mole di progetti, con nuove risorse che assumiamo in azienda e questo ci fa un grande piacere, poter dare spazio e investire in nuove persone. E di sicuro è tutto molto veloce: me lo chiedono spesso ‘lei quanti anni ha?’”

Passare dal No-profit alla diffusione della cultura digitale sembra un salto quantico enorme. E’ stato davvero così?

“E’ sicuramente un salto interessante, anche se devo dire che molte no-profit (e ci sono molti movimenti interessanti, mi fa piacere ad esempio citare l’esperienza di Skillando che si occupa proprio di digitalizzazione del no profit) stanno portando avanti grande progresso in quella direzione, sia nelle piccole che nelle grandi realtà. Non solo come raccolta fondi, ma anche come delivery delle proprie attività. Si possono raggiungere più persone, fare più impatto sfruttando strumenti tecnologici. Sicuramente però per me entrare pienamente nel mondo tecnologico è stato impegnativo, trovarsi a chiacchierare tutto il giorno con sistemisti con grande esperienza e background alle spalle è stata una grande prova. Ho imparato anche tante parole e termini nuovi che non avevo mai sentito prima e soprattutto ho imparato un linguaggio nuovo e ad usarlo correttamente!”

Ad esempio?

“Ad esempio ho imparato a spiegare ai clienti come funziona una infrastruttura cloud su Amazon Services, che cosa è un’EC2, che cosa è l’RDS, che cosa è una infrastruttura ad alta affidabilità, ho imparato a spiegare ai clienti come – avendo una infrastruttura cloud che funziona bene – il tuo sito web riesce a performare bene e quindi la tua strategia di comunicazione fatta tramite i canali social, tramite le Call to Actions, funziona tutto meglio se hai una infrastruttura adeguata che la supporta. Tre anni fa non sarei stata in grado di dare tutte queste spiegazioni!”

Un luogo fisico è comunque digitale, anche per chi sviluppa soluzioni digitali ad ogni livello. A che punto siete con Hangar21?

“Si lavora a pieno ritmo, dopo l’inaugurazione dell’8 marzo, Giornata internazionale della donna. Siamo pienamente operativi e funzionanti, le due sale di registrazione sono attive e abbiamo già ospitato artisti musicali principalmente, abbiamo un’esposizione attiva per la parte ‘arte’, e abbiamo già molte prenotazioni per gli eventi e questo ci rende molto felici perché avere un calendario bello ricco è gratificante!”

Questo nel mondo precedente sarebbe stato un luogo per ospitare eventi, kermesse, manifestazioni fisiche e lo avete convertito al digitale a causa della pandemia o nasce anche con questo spirito?

“No, nasce proprio come luogo di commistione tra mondo digitale e mondo fisico. Questa è una direzione che già l’azienda – in particolare la divisione eventi – aveva preso prima della pandemia, ma c’è stata un’accelerazione, soprattutto tra i nostri clienti del mondo enterprise nel richiedere eventi in formato ‘full digital’ o in formato alternato: relatori in presenza e pubblico da casa. Questo tra l’altro, è un trend che a nostro avviso resterà. C’è tutta una parte dell’industria che si rende conto che spostare 3mila persone per fare un corso di formazione non è per forza la soluzione migliore, né come modello pratico, né come impatto economico e soprattutto ambientale: spostare 3mila persone vuol dire muovere 1500 auto e 1500 biglietti del treno. Se lo facciamo tutti da casa comunque la C02 che deriva dall’evento non è paragonabile, e siccome tutte le aziende hanno una visione chiara dell’Agenda 2030 e l’obiettivo di ridurre le emissioni, diventa un fattore molto interessante. C’è sicuramente anche un tema di costi e praticità. Prima ci appoggiavamo ad una serie di location per tutti gli eventi digitali che tenevamo. Poi abbiamo scelto di chiudere la filiera, aprendo il nostro spazio e il nostro polo, in cui però non volevano solo offrire il luogo fisico per gli eventi, ma volevamo creare qualcosa di diverso e più alto. Quindi uno spazio eventi, si, ma anche uno spazio già pronto all’uso per chi volesse registrare contenuti, che non fosse solo dedicato alle aziende ma dedicato anche al mondo dei creatori digitali che spesso sono ancora ‘artigianali’ e si fanno il video ‘casalingo’. Invece noi offriamo degli strumenti che consentono di esprimere la propria creatività in maniera più ampia. Se tu hai due, tre telecamere cablate, se hai uno sfondo che puoi migliorare a tuo piacimento, fare delle fotografie con una attrezzatura professionale, con tecnico o senza tecnico se sei in grado di lavorare in autonomia, come lo sono molti giovani della Generazione Z, il risultato finale sarà molto diverso. In questo modo abbiamo unito il mondo della produzione, il mondo degli eventi e il mondo della creatività.”

Da quello che possiamo capire, il vostro obiettivo è rivoluzionare il mondo della comunicazione digitale, consentendo di gestire tutta la filiera della produzione di contenuti in un unico luogo, potendosi così concentrare su obiettivi e creatività. Puoi farci qualche esempio per capire, dalla a alla z, quale è un progetto che inizia e finisce qui? Raccontaci le storie di successo che sono emerse da Hangar21.

“Hangar 21 ha visto al proprio interno tutta una serie di brand crescere con noi e svilupparsi con noi, soprattutto per quella parte legata all’eventistica digitale, che si declina poi in una capacità comunicativa in tutto il mondo in contemporanea. Abbiamo curato ad esempio la digitalizzazione di un grandissimo evento sportivo, il Golden Foot (www.goldenfoot.com), abbiamo curato il posizionamento di brand del settore beauty che tutte le settimane organizzano delle accademy insieme a noi: le gestiscono in remoto e le trasmettono a tutto il loro pool di clienti; abbiamo seguito brand della musica che hanno deciso di registrare con noi per semplificare tutta una serie di attività che portano avanti. Le storie di successo sono diverse e a me fa molto piacere dire che stiamo ospitando una mostra di ‘Women for freedom’, che è un’associazione che si occupa di cercare di combattere il fenomeno delle spose bambine nel mondo e per farlo ha creato, anche come raccolta fondi, una raccolta di poesie in rete che abbiamo esposto nella nostra galleria ed è stato bello ospitare questa realtà. Tra l’altro, partirà anche una delle attività principali della nostra media company è quella del podcasting che abbiamo portato avanti con diversi attori sia commerciali che istituzionali (ad esempio con Confindustria Piemonte) e a breve uscirà il nuovo podcast ‘Power by Tmp’ che è proprio dedicato al mondo dell’arte, insieme a delle galleriste londinesi e galleriste italiane a Londra.” 

Quindi questo è fare cultura digitale. Utilizzare nuovi linguaggi per diffondere iniziative e messaggi di comparti tradizionali (musica, arte)?

“È anche questo. E’ soprattutto il collegamento tra quello che succede all’interno di Hangar con tutto l’ecosistema legato al mondo digitale. Fare cultura digitale vuol dire comprendere che cosa gli strumenti digitali possono fare per mettersi al servizio delle idee che nascono: idee di business, idee di arte, idee che vogliano creare un impatto concreto. Ci sono tutta una serie di modalità con cui la tecnologia può essere al servizio di quelle che sono le nuove progettualità. Laddove un evento fino a poco tempo fa lo potevi fare in streaming, ora lo puoi organizzare creando ad esempio una fiera digitale. Però per apprezzare al massimo questi strumenti li devi capire e li devi saper valorizzare. E questo è un passaggio che implica molta formazione, per apprendere come sfruttare al meglio questi strumenti. Che non vuol dire in alcun modo sostituirsi agli eventi fisici: sono proprio delle dinamiche diverse che vanno intercettate.”

Youtuber ed influencer hanno per natura grande capacità di sfruttare il digitale perché nascono in questo mondo. Ci sono però intere categorie economico- produttive che ancora vivono la fase della conversione al digitale e sono ancora resistenti a questo passaggio e lo stanno vivendo con più difficoltà, nonostante l’accelerazione obbligata dalla pandemia. Anche questo fa parte del vostro lavoro di consulenza?

“Sicuramente noi facciamo molta formazione. Quindi tutte le volte che incontriamo nuovi progetti e nuovi clienti, organizziamo sempre una prima parte di formazione su come gli strumenti possano essere utili a loro, perché comunque non è facile soprattutto per le aziende molto strutturate che hanno processi standardizzati, così come per la media industria – ambito così importante per l’economia italiana – è fondamentale capire come certi processi si possano ‘sbloccare’ in maniera rapida. C’è un’educazione, una sorta di ‘evangelizzazione’, sui temi del digitale che va fatta. Devo dire che la frase sull’importanza del digitale la sento da anni, ma è chiaro cosa sia il digitale? Non basta più avere i social media, se li hai li devi usare bene sennò possono non esserti affatto utili, anzi, possono anche essere un rischio se non si usano bene. Il modo in cui si esercita il ruolo di ‘ufficio stampa’ deve tenere in considerazione la ridondanza che si dà alle notizie. Questo lo spieghiamo spesso anche agli amministratori delegati, soprattutto, ad esempio, a quelli che non hanno un posizionamento Linkedin gestito in autonomia. Alcuni lo hanno e si fanno anche seguire bene, altri lo hanno e non viene gestito bene ed è una perdita per l’azienda. E si nota come, quando ci si posiziona come Ceo come Ad, poi ci sia un netto miglioramento dell’engagement verso l’azienda. Però questo lavoro va fatto bene, va strutturato.”

In ogni caso anche il mondo dei creativi nativi digitali deve rendersi sempre più professionale e anche lo youtuber di turno deve qualificarsi e rendersi competitivo.

“Assolutamente, si. L’importanza dei creatori digitali e degli influencer è alta e va tenuta in forte considerazione, in qualunque strategia di comunicazione aziendale, sia per chi fa B2B, sia per chi fa B2C. C’è bisogno di un ‘divulgatore’ in ogni settore. Ci sono settori dell’energia, tanto per fare degli esempi, che avendo lavorato con divulgatori hanno potuto raggiungere ottimi traguardi riuscendo a posizionarsi nella maniera migliore. Ma abbiamo registrato negli ultimi anni la nascita di tantissimi ‘micro-influencer’, fino ai casi di successo italiani più importanti, che riescono anche a diventare internazionali, e questo rende la qualità della produzione del contenuto essenziale. Certo, deve sempre esserci un regime di spontaneità del creatore, altrimenti diventa un tipo di pubblicità che alle aziende o al brand non interessa, però al tempo stesso il ‘creatore’ deve avere una strumentazione adeguata a disposizione per creare un contenuto veramente valido, replicabile, condivisibile, che possa essere approvato. Questo è il motivo per cui tante delle nostre strumentazioni sono disponibili anche con un tecnico di supporto, se richiesto, perché magari si preferisce farsi assistere anziché continuare in autonomia.”

Casa dei talenti, cittadella tecnologica: definite la vostra azienda in molti modi, quale è il modello prevalente?

“Noi crediamo che la tecnologia sia un abilitatore. Di competenze, di creatività, di idee. Quindi abbiamo voluto creare un luogo che mettesse a disposizione queste tecnologie che fossero a disposizione di chi vuole creare e di chi vuole entrare in contatto con il creativo, cioè le aziende che decidono di collaborare con questo. E’ stato un trade-union fra queste realtà che poi, di fatto, chiude la filiera per noi che nasciamo come media agency e lavoriamo con i brand che hanno bisogno di studiare le migliori strategie per posizionarsi al meglio sul mercato e raggiungere clienti e lo facciamo con moltissimi contenuti e moltissimi creativi tramite eventi e contenuti digitali e per questo abbiamo voluto creare la location. Il fatto di averla realizzata all’interno del design district di Milano non è stata una scelta casuale: abbiamo voluto essere intanto raggiungibili, essere al centro del movimento che c’è a Milano. Anche se è un momento complesso, la tecnologia continua ad avanzare, parliamo del cuore pulsante del paese che vuole innovare, e poi avevamo l’obiettivo di collegarci a tutti i movimenti artistici, fashion, di design che si creano attorno a questo polo durante l’anno. Tutto è stato fatto per unire le componenti tecnologiche e le componenti creative al servizio dei brand che chiedono di lavorare con noi. Sicuramente la pandemia ha accelerato certi processi di digitalizzazione. Purtroppo, abbiamo dovuto accelerare in questa maniera, ma tanti cambiamenti che si sono verificati resteranno.”

Tornando alla tua esperienza personale, sei l’unica rappresentante italiana under-30, in Europa, nell’ambito della tecnologia blockchain in INATBA (International Association of Trusted Blockchain Applications) che è questa importante organizzazione promossa dalla Commissione Europea e composta da oltre 110 imprese e istituzioni per supportare l’Unione Europea nella creazione di un quadro di regole standard e politiche di sviluppo e formazione condivise in materia di tecnologie digitali basate sulla blockchain. Che cosa fa nel concreto questa associazione e in che cosa consiste esattamente il tuo ruolo?

“Tmp group collabora da tempo con Blockchain Italia che è nostra cliente e che tre anni fa ci ha chiesto di organizzare la prima fiera italiana dedicata al mondo blockchain, il Blockchain Forum Italia di cui Tmp ha curato le prime due edizioni, evento che ha visto la presenza di esponenti della Commissione Europea, di moltissime aziende italiane che si occupano di questa tecnologia. Da qui la scelta anche della nostra azienda di entrare in Blockchain Italia e anche nell’associazione europea. Quest’ultimae è composta fondamentalmente da aziende di quattro categorie: large, medium, small e start-up. Partendo dal presupposto che io ho un forte interesse per tutto quello che è formazione e tutto quello che agevola l’educazione digitale, ho sempre coordinato il tavolo di lavoro sull’education di cui ero Co-Chair, di cui poi sono diventata Chair. Dopo due anni di collaborazione con Inatba – che è una attività che si fa a titolo volontario come per tutte le associazioni di categoria – mi sono candidata per il board. Quindi sono stata designata e dal 12 aprile sono ufficialmente nel Board di Inatba, in rappresentanza delle Micro-Categories ed è una esperienza che si preannuncia fortemente interessante. La blockchain e i distributed ledger sono tecnologie molto interessanti (e tra l’altro non sono nuove perché il primo lancio è del 2010) mentre l’applicazione di queste tecnologie sta prendendo sempre più piede solo negli ultimi anni, possiamo dire dal 2015. L’Italia sta investendo molto in questa tecnologia, sia da un punto di vista istituzionale che da un punto di vista di imprese private (siamo molto ben posizionati in Europa, da qui anche il desiderio di essere partner di questo momentum che si sta creando). Inatba è un organismo estremamente importante, la Commissione Europea l’ha creato con una prospettiva globale: nasce europeo ma vuole accogliere rappresentanti del nord e del  sud America e quindi sicuramente i prossimi due anni saranno dedicati all’espansione globale. Ci sono paesi che in tema di blockchain sono anche più avanzati dell’Europa, quindi sarà importante andare ad imparare ed apprendere da altre controparti.”

Italia digitale. Abbiamo la grande opportunità del Pnrr, il Piano Nazionale di ripresa e resilienza. Ma come ‘sistema-paese’ dobbiamo colmare molte mancanze.

“Premessa: io sono molto innamorata dell’Italia. Ho studiato all’estero quando ero all’Università e sono stata ad Hong Kong e ho lavorato in Svizzera (Onu). E poi quando ho lavorato con la no-profit ho viaggiato in tutto il mondo: in Cina, in Polonia, nelle Mauritius, in Barhain. Ma sono molto innamorata dell’Italia e dell’Europa e trovo che ci sia un percorso in atto che va accelerato, perché il divario digitale ca assolutamente colmato. I temi sono due: intanto le infrastrutture (la banda larga accessibile, la possibilità di lavorare in smart-working non è ad oggi per tutti, perché puoi farlo se hai una connessione di un certo tipo, se hai tutta la dotazione tecnologica adeguata per te come lavoratore e per i figli che hanno sperimentato la Dad) e da questo punto di vista a mio avviso ci sarà una spinta in questa direzione, un po’ per i fondi europei che arriveranno ma anche per le scelte recenti del governo di mettere delle figure dedicate a questo settore. Dall’altra parte un altro tema su qualche va fatto ancora molto è il tema del digital-divide nelle competenze professionali”.

Fate fatica a reperire le professionalità che vi servono?

“Sicuramente, ad esempio, quando si parla di sistemisti e sistemiste, è una ricerca complessa. Sono professioni ‘verticali’ ma essenziali: nessuna azienda viaggia senza infrastruttura informatica: che sia un premise, che sia un cloud, che sia un ibrido, avere le competenze per gestirli è difficile. Ad esempio, nel mondo del blockchain e del distributed ledger, servono persone con competenze trasversali che siano in grado di sviluppare le blockchain diverse ma anche di comprendere l’impatto economico  di queste attività. Questo è un ambito dove ci sono tantissime posizioni disponibili e non ci sono profili da selezionare. C’è anche – e per me è molto importante – una disparità di genere nelle assunzioni in questi settori, anche se ci sono molte iniziative di sensibilizzazione sull’argomento. Penso ad esempio al progetto ‘Girls who code’ (https://girlswhocode.com/) in America, ma anche la Nuvola Rosa in Italia (un progetto di Microsoft e GrowItUp, realizzato con la collaborazione della Fondazione Mondo Digitale, per avvicinare le giovani donne italiane alle carriere STEM). Ma non bastano. Purtroppo ci sono settori in cui si fa davvero molta fatica ad assumere, in particolare nello sviluppo delle infrastrutture. Invece nei temi della comunicazione digitale ci sono molti profili interessanti e li si è fatto un buon lavoro per colmare il divario”.

Parliamo di progetti e di futuro. Come vi vedete, da qui ai prossimi cinque anni?

“Abbiamo grandi obbiettivi, soprattutto in termini di espansione territoriale. Quello di Milano è il primo di una serie di Hangar21 che vogliamo portare prima in Europa e poi vediamo. Questo significherà crescere come gruppo e come persone che lavorano con noi, ma anche come servizi. Tra le cose più interessanti che stiamo facendo, stiamo lanciando tutta una parte di Accademy, NextGen, che è tutta una parte dedicata ai creatori ed influencer-marketing”.

Margherita, per concludere, ci raccontavi che la tua maggiore passione è quella della formazione. Che cosa altro ti piace particolarmente della tua attività?

“Ci sono due elementi. Io per natura non sono una persona molto creativa. Quindi lavorare con dei creativi sicuramente mi bilancia molto bene e mi dà una grande energia. Trovo che a volte arrivino delle idee incredibili ed è molto bello lavorare con persone che hanno delle visioni così ampie. Per una persona abbastanza metodica come sono io mettere ordine nelle caselline excel dà enorme soddisfazione in generale. Mi piacciono i processi che funzionano e quando metto del mio per far funzionare i processi aziendali (perché se funzionano i processi l’azienda cresce) sono fortemente gratificata, perchè questo significa tante cose diverse: assumere le persone, assegnarle ai progetti giusti, rendere soddisfatto il cliente, mandargli le fatture. Insomma, far girare la ruota è la mia più grande passione”.

the Thirties

“DONNE SCIENZA INVENZIONE CARRIERA – Progetto di Gianna Martinengo”

Dalle esperienze alle skill al role model, viaggio tra le professioniste e scienziate che stanno facendo progredire il mondo della scienza italiano e internazionale. Interviste a “mente aperta” anticipate da un viaggio nei diversi mercati dell’innovazione. Uno spazio sarà dedicato alle trentenni , giovani donne – professioniste e scienziate – che affrontano il futuro con coraggio e determinazione.

Condividi questa pagina