“Innovazione significa dunque immaginare nuovi modi di produrre le stesse cose a minor costo, oppure inventare nuovi prodotti, dai più complessi ai più semplici, che in qualche maniera facilitino la nostra vita quotidiana in casa o sul lavoro, o macchine o utensili più facili da usare di quelli esistenti, o creare marchingegni e renderli indispensabili” (M. Hack)
Premessa
Margherita Hack è stata una delle menti più brillanti della comunità scientifica italiana contemporanea ed è nota a livello mondiale per gli importanti studi da lei svolti nell’ambito dell’astrofisica. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, ha svolto un’importante attività di divulgazione e ha dato un considerevole contributo alla ricerca per lo studio e la classificazione spettrale di molte categorie di stelle.
Vita
Il 12 giugno 1922 Margherita Hack nacque a Firenze da padre protestante e madre cattolica. Entrambi i genitori erano insoddisfatti della religione e aderirono alla Società teosofica, per la quale Roberto Hack fu per un certo periodo segretario: si tratta di una filosofia indiana molto vicina al Buddismo, che pratica il rispetto di tutti gli esseri viventi. Non imposero mai un credo religioso alla figlia che nel corso della propria vita ebbe modo di formarsi una personale opinione in merito.
Nel capoluogo fiorentino frequentò il liceo, senza avere la possibilità di sostenere l’esame di maturità a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale. Durante l’adolescenza la Hack fu un’eccellente atleta: fu campionessa di salto in alto e di salto in lungo e giocò pure a pallacanestro.
A Firenze frequentò la facoltà di fisica, laureandosi con una tesi di astrofisica sulle Cefeidi, una classe di stelle che diventano più o meno brillanti, consentendo il loro utilizzo per la misura delle distanze cosmiche fino a qualche decina di milioni di anni luce. La libertà di iscriversi alla facoltà di fisica le era stata data dagli stessi genitori: “Fai ciò per cui ti senti più portata”, si erano limitati a consigliarle, e così Margherita aveva fatto.
In realtà doveva specializzarsi in elettrostatica, ma trovava il tema piuttosto noioso e decise di chiedere una tesi in astronomia.
«Quando preparavo la tesi di laurea, a Firenze, durante la guerra, si poteva fare un buon lavoro anche con telescopi di 30-40 centimetri di diametro e con osservatori in città. Non c’era inquinamento luminoso, allora. Era ancora fresca la scoperta dell’espansione dell’Universo, frutto delle osservazioni di Edwin Hubble nei primi anni Trenta. Ma non si conosceva nulla o quasi dell’evoluzione di stelle e galassie. E si usavano le lastre fotografiche».
Il lavoro venne condotto presso l’Osservatorio astronomico di Arcetri, luogo presso il quale iniziò a occuparsi di spettroscopia stellare, destinata a diventare il suo principale campo di ricerca. Proprio ad Arcetri, l’eredità di Galileo Galilei – che lì era morto dopo la condanna agli arresti domiciliari da parte del Sant’Uffizio per le sue idee sull’eliocentrismo – influenzò enormemente l’intera attività di studio della Hack, cosa che lei stessa dovette ammettere in seguito.
Nel 1944 sposò Aldo De Rosa, conosciuto da giovane in un parco di Firenze: i due furono marito e moglie per oltre settant’anni.
Nel 1954 si trasferì all’Osservatorio di Merate, una succursale dello storico Osservatorio di Brera, poi nel 1964 a Trieste, dove iniziò a lavorare alla radioastronomia, lo studio delle stelle nella gamma delle onde radio.
Nello stesso periodo tenne corsi di astrofisica e di radioastronomia presso l’Istituto di Fisica dell’Università di Milano. Iniziò a collaborare con università straniere in qualità di ricercatore in visita e, accompagnata dal marito, che la seguiva in ogni spostamento, collaborò con l’Università di Berkeley (California), l’Institute for Advanced Study di Princeton (New Jersey), l’Institut d’Astrophysique di Parigi (Francia), gli Osservatori di Utrecht e Groningen (Olanda) e l’Università di Città del Messico, arrivando a pubblicare oltre 250 lavori originali su riviste internazionali: il trattato Stellar Spectroscopy, scritto a Berkeley nel 1959 assieme a Otto Struve, è considerato ancora oggi un testo fondamentale.
Enorme fu lo sviluppo delle attività didattiche e di ricerca che Margherita Hack promosse all’Università di Trieste, dove diede vita nel 1980 ad un “Istituto di Astronomia” che fu poi sostituito nel 1985 da un “Dipartimento di Astronomia”: la scienziata ne fu direttrice fino al 1990, diventando così la prima donna in Italia a dirigere un osservatorio astronomico.
Alla sua morte, Stefano Borgani, direttore dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Trieste, disse: «Margherita Hack è stata Direttore dell’Osservatorio Astronomico di Trieste dal 1964 al 1987. Durante questo lungo periodo ha trasformato questo Osservatorio da un piccolo Istituto “di provincia” a un Istituto esposto alla ricerca astronomica internazionale ed ai grandi progetti di punta. Credo che il miglior modo di ricordarla sia prendendo su tutti noi dell’Osservatorio di Trieste la responsabilità di portare avanti il suo insegnamento, la sua lezione di rettitudine morale, la sua inflessibile onestà intellettuale e passione per la ricerca».
Dal 1982 Margherita Hack ebbe una stretta collaborazione con la sezione astrofisica della Scuola internazionale superiore di studi avanzati (Sissa).
Durante gli anni trascorsi all’Osservatorio di Trieste, la Hack intraprese con successo anche la carriera di divulgatrice scientifica, diventata negli anni la sua più importante attività attraverso pubblicazioni per il grande pubblico, conferenze, partecipazioni televisive.
Margherita Hack ha collaborato con numerosi giornali e periodici specializzati, fondando nel 1978 la rivista bimensile L’Astronomia di cui è stata a lungo direttore, e successivamente diresse la rivista di divulgazione scientifica e cultura astronomica Le Stelle.