L’Italia del XX secolo
La Hack, proveniente da una famiglia antifascista, visse la sua infanzia e la sua adolescenza durante la dittatura di Mussolini e il vero ostacolo iniziale che dovette affrontare all’inizio della sua carriera fu soprattutto il suo essere antifascista e non il suo essere donna.
L’Italia prima e durante la Seconda guerra mondiale
Nata durante il Ventennio fascista, la Hack visse pienamente il periodo della dittatura mussoliniana e come tutti gli adolescenti venne istruita secondo canoni antidemocratici: il suo essere apertamente antifascista le costò una sospensione e il rischio di non essere ammessa agli esami di maturità. «Ero con dei compagni di classe a ricreazione. Si criticava il Fascismo. Un docente ci denunciò al preside. Rischiavo l’espulsione, ma gli altri insegnanti si pronunciarono in mio favore e la pena fu “commutata” a trenta giorni di sospensione», cosa che avrebbe significato sette in condotta. «Avrei dovuto portare tutte le materie a settembre. Avrei perso l’anno. Ma l’esame di maturità fu sospeso con l’entrata in guerra dell’Italia». Così la Hack fu promossa.
Nel maggio 1941 in occasione dei Littoriali, manifestazione sportiva organizzata dal regime, allo stadio di Firenze, la Hack, in quanto vincitrice di salto in alto, giurò fedeltà alla dittatura fascista: «A quel tempo i vincitori giuravano lealtà alla patria e al Fascismo. Una formula rituale che veniva pronunciata durante la premiazione. Avevo vinto la medaglia d’ oro, dovevo giurare anch’io: lo feci».
Successivamente si avvicinò sempre più alle posizioni comuniste, ma a sorpresa nel corso degli anni rivalutò il ruolo del Fascismo in Italia: «Le conquiste sociali fatte sotto il Fascismo oggi ce le sogniamo, il che è tutto dire. Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un Socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo. […] In un certo senso il Fascismo modernizzò il paese. Nei confronti del Nazismo fu dittatura all’acqua di rose: se Mussolini non avesse firmato le infamanti leggi razziali, sarebbe morto di morte naturale come Franco. Resta una dittatura, ma anche espressione d’italianità. Bisognerebbe fare un’analisi meno ideologica su questo».
Essere una donna in epoca fascista significava soprattutto essere allontanata da ogni tipo di impegno sociale, soprattutto se legato all’emancipazione femminile, dal lavoro extradomestico (la donna doveva rimanere in casa ad allevare i figli), dall’affermazione dei propri interessi culturali.
Essere una donna antifascista come la Hack comportava un totale estraniamento dall’opinione pubblica e dalla vita politica. La scienziata fiorentina ebbe modo di studiare grazie alle possibilità economiche di famiglia, ma la vera difficoltà che incontrò fu quella di poter esprimere liberamente il proprio pensiero.
La seconda metà del ‘900
Al termine del secondo conflitto mondiale, la Hack riuscì finalmente a svolgere in piena libertà il proprio lavoro di ricercatrice scientifica, diventando addirittura la prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia. Nel corso del tempo, in particolar modo a partire dal XXI secolo, la Hack divenne sempre più famosa come divulgatrice scientifica: noti sono i suoi numerosi interventi all’interno di trasmissioni televisive, di convegni, di programmi radio, in cui la scienziata si impegnò a diffondere la cultura scientifica con un linguaggio semplice ed immediato, accessibile alla grande massa, e a discutere di importanti temi legati all’attualità, assumendo spesso posizioni scomode in fatto di politica e di materia religiosa.