Il I secolo d.C. ad Alessandria d’Egitto

Maria l’Ebrea visse molto probabilmente nel I sec. d.C. ad Alessandria d’Egitto, città che allora era il centro culturale dell’Impero Romano.
In un momento in cui era iniziato il declino culturale della città, l’alchimia fu tra le poche scienze a fiorire: si trattava di una scienza segreta il cui scopo principale era quello di trasformare i metalli in oro e argento. Per proteggere i risultati delle ricerche ed aumentare il proprio prestigio, gli alchimisti scrivevano i loro testi in modo molto fantasioso e misterioso, utilizzando numerosi simboli tratti dalla magia, dall’astrologia, dalla filosofia e dalle diverse religioni. Risulta perciò molto difficile trarre delle nozioni concrete dalle opere che sono giunte fino ai giorni nostri. Per gli stessi motivi gli autori scrivevano sotto diversi pseudonimi, che in parte erano di origine biblica: è per tale motivo che Maria si firmò come Miriam la profetessa, sorella di Mosè. È perciò scorretta l’ipotesi secondo cui la donna è vissuta prima della nascita di Gesù Cristo.

Il mondo dell’alchimia e la sua storia

Gli alchimisti occidentali generalmente fanno risalire l’origine della loro arte all’antico Egitto: in particolar modo, proprio la città di Alessandria fu un centro di conoscenza alchemica e conservò la propria preminenza fino al declino dell’antica cultura egiziana. Sfortunatamente non esistono documenti originali egizi sull’alchimia. Questi scritti, qualora siano esistiti, sono andati perduti nell’incendio della Biblioteca di Alessandria nel 391. L’alchimia egiziana è conosciuta soprattutto attraverso le opere di antichi filosofi greci, sopravvissuti nelle traduzioni islamiche.
La leggenda vuole che il fondatore dell’alchimia sia stato il dio egiziano Toth, noto anche come Ermete Trismegisto: il dio avrebbe scritto i quarantadue libri della conoscenza, che avrebbero coperto tutti i campi dello scibile, fra cui anche l’alchimia.
Le conoscenze sui metalli nell’antichità erano legate a pratiche estrattive e metallurgiche d’origine antichissima, si aveva una concezione dei metalli come creature viventi che crescono nel grembo della Terra secondo un ritmo naturale, un ritmo che l’artefice umano può accelerare mediante le tecniche estrattive e la lavorazione che utilizza il fuoco per separare e purificare le sostanze metalliche.
Le conoscenze mineralogiche del mondo romano sono poche e contenute in opere di carattere compilatorio, come la Storia naturale di Plinio il Vecchio e la Materia medica di Dioscoride, la farmacopea più celebre dell’antichità. La farmacologia antica si serviva infatti di rimedi preparati a partire dai cosiddetti “semplici” (erbe, minerali, metalli) e poiché, oltre alle indicazioni per l’uso, ne veniva sistematicamente data una descrizione, le farmacopee forniscono molte conoscenze antiche anche sulle sostanze minerali.
Nell’età ellenistica si colloca la prima dottrina sistematica dei metalli basata sull’associazione coi pianeti (Sole-oro, Luna-argento, Venere-rame, Marte-ferro, Saturno-piombo) e su un criterio di distinzione a partire da caratteristiche quali il colore, il peso, ecc., cui si riferiscono gli alchimisti quando parlano di trasformare i metalli in oro. Sarebbe un anacronismo, infatti, pensare che gli alchimisti considerassero i metalli nei termini in cui li ha definiti “l’ultima nata delle scienze moderne”, la chimica.
L’epoca a cui risalgono i primi tentativi di sistemazione è la stessa delle prime testimonianze propriamente alchemiche in età ellenistica: i secoli II e III d.C.
Soltanto pochi scienziati dell’antichità cercarono di interpretare i propri esperimenti pratici in un ambito teorico e Maria l’Ebrea fu una tra questi.
Grazie alle ricerche di Maria l’Ebrea l’antica alchimia raggiunse il suo punto culminante, ma ben presto anche la sua fine. Durante il regno dell’imperatore romano Diocleziano infatti gli alchimisti alessandrini vennero perseguitati e i loro scritti bruciati. Ma la tradizione non venne interrotta completamente e l’alchimia continuò a essere praticata durante il Medioevo e l’Età moderna finché da essa si sviluppò la chimica nel XVII secolo.