L’Italia del XX secolo
Di famiglia ebraica sefardita, Rita Levi Montalcini era figlia dell’ingegnere e matematico Adamo Levi e della pittrice Adele Montalcini. Crebbe nell’ambiente colto e stimolante della Torino del Primo dopo guerra, dove la comunità ebraica era stimata e integrata, nonostante fosse ancora evidente lo stampo vittoriano di una società nella quale dominava ancora la figura maschile. La stessa Montalcini ammise che la volontà di suo padre era che lei si sposasse e diventasse una buona madre di famiglia, ordine al quale la scienziata contravvenne per amore della medicina.
Gli anni della Seconda Guerra Mondiale
Con la promulgazione delle Leggi Razziali nel 1938, la Montalcini non poté frequentare l’università in quanto ebrea, ma, pur di proseguire le proprie ricerche, si costruì in seguito, nel pieno della Seconda Guerra Mondiale, un laboratorio in camera da letto.
Le leggi razziali la costrinsero a lasciare il paese: per lei, “figlia” della borghesia intellettuale torinese e di una comunità ebraica laica, l’esilio fu un obbligo.
Furono anni assai travagliati per il mondo e per l’Europa. Nel corso della Seconda guerra mondiale era assai difficile trovare luoghi dove poter stare tranquilli, a maggior ragione quando si era una donna ebrea che compiva ricerche in ambito medico. Nel suo girovagare, La Montalcini approdò nel 1943 a Firenze, dove visse in clandestinità per qualche anno, prestando fra l’altro la sua collaborazione come medico volontario fra gli Alleati.
La seconda metà del ‘900
Con la fine della guerra nel 1945, la vita della scienziata subì una svolta in positivo. La Montalcini infatti per i suoi importanti meriti fu chiamata alla prestigiosa Università di Washington dove fu insegnante, ricercatrice e studiosa: ebbe modo di procedere con le proprie ricerche fino a scoprire il Fattore di Crescita Nervosa, scoperta che le valse nel 1986 il Premio Nobel per la Medicina.
Non dimenticò mai gli ostacoli che era stata costretta ad affrontare per giungere a una posizione di prestigio internazionale in ambito medico e accademico e per tutto il corso della sua vita si impegnò concretamente per aiutare le donne, in particolar modo quelle dei Paesi più disagiati del mondo, affinché avessero la possibilità di studiare e fare ricerca.