Buongiorno Trotula, sappiamo che sei stata una famosa scienziata del Medioevo, ma in quel periodo le donne potevano studiare?

Bè, certamente non tutte, ma solo le più benestanti, come avveniva pure per gli uomini anche se verso lo studio delle donne c’era comunque qualche resistenza in più. Per fortuna Salerno, dove ho vissuto, studiato e lavorato, risentiva ancora dei criteri educativi dell’antica Roma, avendone fatto parte, e delle scuole della Magna Grecia. A Roma l’istruzione, almeno l’elementare, era prevista per tutti, maschi e femmine, ricchi e poveri, e forse per questo la cultura italiana è stata così grande all’inizio, tanto che ancora se ne parla, anche se, ahimè, gli scritti e le opere delle donne sono andati per la gran parte distrutti… Almeno fino a un certo livello a Roma era considerato normale per le ragazze studiare perché in questo modo anche loro avrebbero contribuito alla grandezza di Roma. Nel Medioevo la tradizione romana sull’istruzione ed in particolare a Salerno sull’arte medica, continuava ad esistere, anche se con le difficoltà dovute alle continue guerre di conquista e all’influenza della Chiesa che aveva posto molti limiti all’accesso all’istruzione, soprattutto per le donne.

E per la medicina?

In particolare la scienza medica fu lasciata alle donne piuttosto volentieri sia perché si credeva che fossero più “vicine” alla natura e ai segreti delle erbe, della terra, quindi in pratica alla chimica, sia perché, diciamolo, non è gradito a tutti venire a contatto con le malattie e doversi prendere cura dei malati. Gli uomini, che potevano scegliere, preferivano fare altro, magari le guerre, lasciando a noi la cura dei feriti!!!

Ma la Scuola di Salerno era un’università, la prima Università degli studi medici. Non è piuttosto straordinario che le donne potessero frequentarla se pensiamo che anche nel ‘900 hanno avuto tante difficoltà e non solo in Italia?

Sì, è proprio così! Nella nostra scuola si traducevano dall’arabo in latino i testi dei Greci che noi Occidentali avevamo distrutto e che, per fortuna, gli Arabi avevano invece conservato. Ma noi non abbiamo solo applicato quelle conoscenze, le abbiamo riconsiderate, a volte riviste completamente. La Chiesa ci ha lasciato fare, anche se non vedeva di buon occhio che le donne studiassero, proprio perché, come dicevo, gli uomini non amavano occuparsi di cose sgradevoli come le malattie e tantomeno prendersi cura di persone sofferenti. Il fatto è che dall’inizio dell’umanità le donne si sono occupate di curare, mentre gli uomini o cacciavano e si ferivano o ferivano. Il curare non è azione gradita perché si viene a contatto con sofferenza e infezioni. L’aver cura è sempre stata un’attività svolta dalle donne. Poi alcuni uomini di scienza da Galeno a Ippocrate a Sorano hanno studiato e applicato i loro principi, ma soprattutto si sono occupati della teoria, lasciando alle donne le cure anche se poi hanno usato i loro “segreti” e le hanno perseguitate come streghe.

Tra i tuoi trattati di medicina hai scritto il De Passionibus mulierum sulle malattie delle donne, conosciuto poi nei secoli come Trotula maior. Perché hai pensato di scrivere un testo sulle donne? Non si curano ugualmente uomini e donne e con le stesse medicine?

Ma dai! Figuriamoci! Uomini e donne sono diversi e spesso le medicine che vanno bene per uno non vanno bene per l’altra e viceversa! Anche allora – come oggi – si pensava che per facilitare le cose bastasse saper curare l’uomo, considerato, in fondo, quello più importante o anche più semplice da curare. Invece le donne hanno tanti aspetti più complessi: innanzitutto hanno un apparato genitale interno che non si vede e quindi occorre conoscerlo bene per capire di cosa si sia ammalato e il miglior modo per curarlo limitando al massimo il disagio, la vergogna e la sofferenza. Poi le donne hanno le mestruazioni che spesso generano problemi e le gravidanze. Tutti stati fisici e psicologici che non riguardano gli uomini. E poi il parto e il bambino o la bambina che nasce… Come si fa a non avere una medicina per le donne!

Il dottor Hurd Mead, nel 1930, a proposito della tua opera, ha scritto che in ogni pagina c’è il tocco gentile della donna medico. La tua opera è ricca di senso comune e pratico e Mead sostiene che nessun testo era così avanti nelle tecniche della chirurgia e dell’anestesiologia…

Cosa c’è di strano nel dire che occorre seguire una dieta equilibrata, che occorre fare esercizio fisico e che la pulizia è importante, mentre si deve fare attenzione ad ansia e stress per stare in buona salute? Forse i medici uomini danno per scontate queste cose basilari, mentre noi donne sappiamo bene quanto sia importante l’igiene ripetendo continuamente ai nostri figli e alle nostre figlie, e anche ai nostri uomini: lavati le mani, i denti, le parti intime, i capelli, come facevano con noi le nostre madri…

Come ti è venuta la passione per lo studio della medicina?

Guarda, l’ho scritto nel Prologo del mio libro: il mio interesse per la medicina è nato ragionando sulla condizione delle donne più fragili degli uomini, spesso malate nelle parti collocate all’interno del loro corpo. Malattie che a causa della loro timidezza, ma anche della fragilità e delicatezza di tali parti, non osano rivelare ai maschi. Impietosita e stimolata dalle parole di una matrona, iniziai a studiare le malattie che più frequentemente affliggono il sesso femminile. Così sono riuscita a dare consigli preziosi, utili e pratici sulla contraccezione, sulla cura della sterilità, sulla cura del bambino dopo il parto e anche sulle tecniche per rendere i parti più semplici, meno dolorosi.

Ma tu ti sei occupata anche di cosmesi…

Certo! Ho scritto  il De ornatu mulierum, poi denominato Trotula minor, dove mi sono occupata di cosmetica e malattie della pelle, anche di quelle molto sgradevoli, ma purtroppo comuni, come i pidocchi. Anche la cosmetica è una scienza che aiuta sì ad essere belle, ma anche a curare la pelle, gli occhi, le mani…

Poi sei entrata nella leggenda: molti hanno cercato di vendere rimedi col tuo nome e i tuoi libri sono stati copiati e ripubblicati con altri nomi, fino a quando ai tempi nostri sei stata rimossa dai manuali di medicina.

Sì, è tutto vero. Pensa che addirittura il mio nome è stato storpiato e anche trasformato in Trottus, un uomo. Poi dal 1544 i miei scritti, grazie all’invenzione della stampa, furono stampati e un tale nel 1566 attribuì i miei scritti a Eros Juliae con un nuovo titolo. Peccato che molte fonti che io avevo citato fossero successive a Eros! Purtroppo una medica dava più fastidio nel Rinascimento che nel Medio Evo e ancora di più nel XX secolo quando per enfatizzare le doti femminili di modestia – ed ignoranza – Sudhoff e Singer affermarono che nessuna donna avrebbe parlato in termini così chiari dell’apparato femminile e dei suoi problemi, quindi che io dovevo essere stata un uomo!  Anche se è vero che su di me non ci sono molte notizie, quel che è certo è che le Dame di Salerno sono esistite ed io tra loro.